Il flauto a 5 anni, poi la banda. «Guarino fu il mio maestro». Ecco la storia di Francesco Chirivì

Il flauto a 5 anni, poi la banda. «Guarino fu il mio maestro». Ecco la storia di Francesco Chirivì
Il flauto a 5 anni, poi la banda. «Guarino fu il mio maestro». Ecco la storia di ​Francesco Chirivì
di Lucilla Niccolini
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Domenica 8 Ottobre 2023, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 15:28

Chirivì. Tre trilli, di flauto. Il suo destino, Francesco Chirivì, ce l’ha nel nome. E nella sua storia famigliare: il padre Luigi, musicista dilettante, ma non troppo, fin da giovanissimo, suonava flauto e ottavino nella banda del suo paese, Ugento, e anche il mandolino nelle orchestre di plettri, una tradizione ligure del Salento. Migrato a Genova, tecnico dell’Istituto Rizzoli, aveva tirato su i due figli, Mino e Francesco, a pane e musica. A 5 anni, Francesco imparò da lui a suonare il flauto dolce. «Il suo ottavino è ancora al posto d’onore della mia collezione di strumenti d’epoca».

Nel 1960, per avvicinarsi alla numerosa famiglia di mamma Eletta, di San Benedetto del Tronto, si trasferirono ad Ancona. «Papà prese servizio nella sede distaccata della Rizzoli, agli Archi, davanti alle elementari De Bosis, dove Mino e io fummo iscritti alle elementari». Sembrava che Francesco non potesse continuare gli studi di flauto, perché a quel tempo l’istituto musicale cittadino, il Pergolesi, non prevedeva classi di fiati.


Pennino e calamaio 


«Mi mandarono a prendere lezioni dal maestro Vincenzo Guarino, che dirigeva la Banda di Ancona. Ricordi splendidi, nel vecchio edificio accanto alla chiesa di S. Francesco, che non c’è più. Per me, Guarino è stato come un padre. Mi scriveva ogni giorno due pagine di musica, adatte al mio livello, col pennino intinto nel calamaio». Insegnamento personalizzato sull’allievo. Francesco ha solo dieci anni, quando si esibisce per la prima volta da solista, con la banda: la prima di innumerevoli esibizioni, che lo hanno portato in giro per il mondo. «A piazza Roma. Era “Il pastore svizzero” di Pietro Morlacchi. Mio padre se n’era andato da poco, a quarant’anni». E quando affronta l’esame di ammissione al Conservatorio di Pesaro, preparato dal maestro Guarino, è ammesso con lode. 


Bambino prodigio 


In seconda media, interno al convitto dell’Ente Nazionale Orfani Lavoratori Italiani, sul lungomare all’ingresso della città. E intanto mia madre, rimasta vedova, lavorava da casa, come bustaia per il Rizzoli». Enfant prodige? Francesco sorvola, ma è innegabile che ha sempre bruciato le tappe.

Era ancora un adolescente, anni prima del diploma, quando il giudice Arrigo Gugliormella, presidente del Pergolesi, istituì una classe di flauto. E mise in cattedra lui. Gliel’avevano presentato Ferruccio Vignanelli e la moglie Edda Hilly, una coppia di organisti che, a Roma, avevano un’accademia, e che da tempo lo chiamavano a tenere concerti nella chiesa dell’Apollinare.


Il diploma 
«Poi, a 16 anni, vinsi la selezione dell’Orchestra della Jeunesse Musicale: un mese fantastico, in Israele, con giovani musicisti da tutto il mondo, sotto la direzione di Zubin Mehta». Il diploma a pieni voti, sotto la guida di Domenico Ciliberti. «Anziano, aveva suonato con Toscanini, mi prese sotto le sue ali: insegnava solo a me, due volte la settimana. Mi fu proposta una borsa di studio a Friburgo, ma io rinunciai, non volevo lasciare Pesaro, dove avevo ereditato il corso del mio maestro, quando era andato in pensione. Resta il mio unico rimpianto». Aveva già vinto il concorso di primo flauto al teatro Verdi di Trieste, poi al teatro dell’Opera di Roma. «Era scritto nel mio destino: lì ho conosciuto Sandra, flautista come me, ci siamo sposati, ed è nata Francesca». Di ruolo nell’orchestra dell’Opera, insegna al Conservatorio di Terni.


Il ritorno
Poi, la svolta. «Antonio Bigonzi, che era stato mio compagno di scuola a Pesaro, eccellente violinista, primo violino in una nuova orchestra, da poco fondata ad Ancona, nell’86 mi chiese di dargli una mano. L’idea non mi dispiacque». Quella giovane compagine era la Filarmonica Marchigiana. «Ce ne volle, per convincere Sandra a lasciare Roma: a quell’epoca era di ruolo a Latina, nella sede staccata del conservatorio di Santa Cecilia... E poi lei, siciliana originaria di Palazzolo Acreide, non si sentiva attratta dalle Marche». Come avevano fatto i suoi genitori, Francesco ha scelto di tornare nella terra che l’ha visto bambino. «Poi, nel 2008, l’amico Antonio se n’è andato, troppo presto. Ci ha lasciato l’orgoglio di avere lottato, insieme a lui, perché la Filarmonica diventasse orchestra “regionale”». 

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