Fermo, bombe contro le chiese
Scarcerati i due indagati

Fermo, bombe contro le chiese Scarcerati i due indagati
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Mercoledì 14 Settembre 2016, 09:50 - Ultimo aggiornamento: 15 Settembre, 09:25
FERMO -  Hanno fatto rientro lunedì mattina nelle loro abitazioni di Capodarco Martino Paniconi, 44 anni, e Marco Bordoni, 30 anni, detto “il Lupo”, i due fermani accusati di aver piazzato quattro bombe davanti ad altrettante chiese di Fermo. La notizia, tenuta nel più stretto riserbo, è però cominciata a circolare ieri in città ed è stata in serata confermata dai legali dei bombaroli. 

I due sono stati condotti nelle loro abitazioni di Capodarco dove entrambi vivono con la famiglia e dove continueranno a scontare la misura in attesa di ulteriori sviluppi processuali. Il giudice che ha accordato i domiciliari, che erano stati chiesti alcune settimane fa dagli avvocati difensori, Alessandro Bargoni e Stefano Chiodini, non ha ritenuto necessario l’uso del braccialetto elettronico, balzato agli onori della cronaca per l’altro caso di giudiziaria, quello di Amedeo Mancini, l’ultrà in carcere per l’omicidio del nigeriano Emmanuel Chidi Namdi. 
 
Per Paniconi e Bordoni i legali hanno ora depositato una richiesta di patteggiamento che dovrà avere un parere da parte della Procura (ma il fatto che i magistrati inquirenti non si siano opposti alla scarcerazione fa presupporre - ma è solo un’ipotesi, per ora - che il rito alternativo possa essere accordato). Non solo: nelle ultime settimane i due bombaroli di Fermo hanno fatto, con il supporto anche del personale del carcere, un percorso di riabilitazione. 
 
Paniconi ha addirittura preso carta e penna e scritto a tutti i sacerdoti coinvolti nella vicenda per chiedere scusa e si è detto disponibile a darsi da fare con il volontariato nelle parrocchie. «Ha capito di aver sbagliato - conferma l’avvocato Bargoni - è molto provato per questa vicenda e vuole proprio mettersi al servizio della comunità ecclesiale e religiosa per qualsiasi cosa ci sia bisogno: volontariato, piccoli lavoretti. Lui ha offerto il suo lavoro come riparazione al danno fatto». Sempre Paniconi, ha scritto una lettera riservatissima a don Vinicio Albanesi, diversa dalle altre, più intima e riflessiva. «In queste settimane - spiega Bargoni - ho lavorato molto sul piano delle questioni sociali con il mio assistito anche per creare una maggiore consapevolezza per quanto accaduto».
 
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