FERMO - Una studentessa positiva al Covid e una cinquantina di ragazzi in quarantena. Quelli che, tutti i giorni, prendono l’autobus insieme a lei e i compagni di classe
La ragazza, che è di Montegiorgio e va a scuola all’Ipsia Frau di Sarnano, tre giorni fa ha scoperto di avere il virus. I compagni, che erano in aula, sono stati rimandati a casa. In isolamento precauzionale, in attesa di fare il tampone, ci sono ventuno ragazzi del Fermano, che fanno il viaggio in pullman insieme alla giovane
L’altro ieri, un’altra studentessa, amica della prima, è risultata positiva. Le due frequentano sezioni diverse dello stesso istituto. Una seconda classe è stata, quindi, messa in quarantena.
La questione è seria. Perché le regole che valgono in aula, fuori, spesso saltano. Suonata la campanella, i ragazzi si trasformano. Non si regolano. Senza scomodare le sere di movida, basta fare un giro all’uscita di scuola per rendersene conto. Li vedi spostarsi in gruppetti. Mentre camminano, parlottano tra loro. Scherzano e si abbracciano. Una buona metà non porta la mascherina o ce l’ha scesa sotto il mento. Mentre aspettano l’autobus per tornare a casa, hanno l’aria spensierata. Cuffiette nelle orecchie e gli occhi sullo smartphone. Delle mascherine, adesso, obbligatorie anche di giorno, a tanti di loro sembra non importare. «Si sentono invincibili. Pensano di poter fare quello che vogliono. Se provi a riprenderli, ti rispondono male», dice un autista di pullman. Da quando la scuola è ricominciata, la Trasfer ha attivato dodici poliziotti amministrativi. Pettorine gialle con il compito di controllare che le capienze dei bus siano rispettate e che tutti, a bordo, portino le mascherine e stiano al loro posto. «Ieri ho fermato l’autobus perché quasi nessuno portava la mascherina. Ho accostato e detto ai ragazzi che non sarei ripartito finché non l’avessero messa tutti. Per non arrivare a scuola in ritardo, l’hanno fatto, ma parecchi si sono lamentati», racconta un altro autista.
Per non lasciare nessuno a piedi, la Trasfer ha messo in campo mezzi aggiuntivi. «Non è facile tenere a bada i ragazzi», dice un autista. «Se gli dici qualcosa, rispondono male. Uno mi ha detto: “Che te ne frega se mi ammalo?”», prosegue. «La mattina è più facile – aggiunge un altro autista –, le fermate sono organizzate in base alle persone che devono salire. Quando un autobus ha raggiunto la capienza massima non fa salire più nessuno. Al ritorno è più complicato. Pur di fare il viaggio insieme, i ragazzi cambiano autobus, oppure salgono o scendono a fermate diverse. Controllarli è un’impresa».
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