Studentessa positiva al Covid sull'autobus: cinquanta ragazzi in quarantena

Fermo, studentessa positiva al Covid sull'autobus: cinquanta ragazzi in quarantena
Fermo, studentessa positiva al Covid sull'autobus: cinquanta ragazzi in quarantena
di Francesca Pasquali
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Domenica 11 Ottobre 2020, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 09:27

FERMO - Una studentessa positiva al Covid e una cinquantina di ragazzi in quarantena. Quelli che, tutti i giorni, prendono l’autobus insieme a lei e i compagni di classe

La ragazza, che è di Montegiorgio e va a scuola all’Ipsia Frau di Sarnano, tre giorni fa ha scoperto di avere il virus. I compagni, che erano in aula, sono stati rimandati a casa. In isolamento precauzionale, in attesa di fare il tampone, ci sono ventuno ragazzi del Fermano, che fanno il viaggio in pullman insieme alla giovane

L’altro ieri, un’altra studentessa, amica della prima, è risultata positiva.

Le due frequentano sezioni diverse dello stesso istituto. Una seconda classe è stata, quindi, messa in quarantena.


La questione è seria. Perché le regole che valgono in aula, fuori, spesso saltano. Suonata la campanella, i ragazzi si trasformano. Non si regolano. Senza scomodare le sere di movida, basta fare un giro all’uscita di scuola per rendersene conto. Li vedi spostarsi in gruppetti. Mentre camminano, parlottano tra loro. Scherzano e si abbracciano. Una buona metà non porta la mascherina o ce l’ha scesa sotto il mento. Mentre aspettano l’autobus per tornare a casa, hanno l’aria spensierata. Cuffiette nelle orecchie e gli occhi sullo smartphone. Delle mascherine, adesso, obbligatorie anche di giorno, a tanti di loro sembra non importare. «Si sentono invincibili. Pensano di poter fare quello che vogliono. Se provi a riprenderli, ti rispondono male», dice un autista di pullman. Da quando la scuola è ricominciata, la Trasfer ha attivato dodici poliziotti amministrativi. Pettorine gialle con il compito di controllare che le capienze dei bus siano rispettate e che tutti, a bordo, portino le mascherine e stiano al loro posto. «Ieri ho fermato l’autobus perché quasi nessuno portava la mascherina. Ho accostato e detto ai ragazzi che non sarei ripartito finché non l’avessero messa tutti. Per non arrivare a scuola in ritardo, l’hanno fatto, ma parecchi si sono lamentati», racconta un altro autista.

Gli studenti non hanno granché voglia di affrontare l’argomento. Quelli che rispettano le regole, però, sono arrabbiati. «Non voglio rischiare di ammalarmi e di contagiare la mia famiglia. Cerco sempre di stare il più attento possibile, ma vedo che tanti se ne fregano», fa un giovane mentre aspetta il pullman. «Che senso ha stare in classe con i banchi distanziati e le mascherine, se poi fuori è tutto un caos?», si chiede un altro. Che è un po’ il discorso che fanno i presidi in questi giorni. Vorrebbero più controlli, i dirigenti. Perché – dicono – tutti devono fare la loro parte. Ma di divise, in giro, non se ne vedono. E gli autisti, fuori dai bus, non hanno autorità. Il pandemonio comincia più o meno all’una e mezza, quando, nel giro di pochi minuti, i ragazzi si fiondano a prendere l’autobus. Maxiparcheggi, viale Trento e via Bellesi le zone più critiche a Fermo. Quelle dove, ogni giorno, centinaia di studenti si ammassano, spesso infischiandosene delle protezioni. Ma anche dentro i pullman non sono sempre rose e fiori. Le tratte più complicate da gestire – spiega un autista – sono quelle lunghe. Problemi, spesso, si sono avuti sui bus che, da Fermo, vanno a Macerata e a Civitanova. I pullman, adesso, possono viaggiare pieni all’80 per cento. Sulla porte di ognuno c’è un cartello con scritta la capienza massima. Dalla porta davanti non si entra, né si esce, per proteggere gli autisti. Una catenella separa chi guida dagli studenti che, salendo, dovrebbero lavarsi le mani col gel disinfettante. I posti a sedere possono essere tutti occupati. La differenza la fanno quelli in piedi, di meno rispetto a prima. I bus doppi, quelli con lo snodo a fisarmonica, ora, non possono trasportare più di 120 ragazzi.

Per non lasciare nessuno a piedi, la Trasfer ha messo in campo mezzi aggiuntivi. «Non è facile tenere a bada i ragazzi», dice un autista. «Se gli dici qualcosa, rispondono male. Uno mi ha detto: “Che te ne frega se mi ammalo?”», prosegue. «La mattina è più facile – aggiunge un altro autista –, le fermate sono organizzate in base alle persone che devono salire. Quando un autobus ha raggiunto la capienza massima non fa salire più nessuno. Al ritorno è più complicato. Pur di fare il viaggio insieme, i ragazzi cambiano autobus, oppure salgono o scendono a fermate diverse. Controllarli è un’impresa».

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