Un acquario tra turismo e ricerca per la dimensione “Blu” di Ancona

Un acquario tra turismo e ricerca
per la dimensione “Blu” di Ancona

di Roberto Danovaro
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Giovedì 12 Ottobre 2023, 06:35

Uno dei più importanti dibattiti degli ultimi anni riguarda come potenziare il settore turistico nell’ambito di un’economia sostenibile. L’Italia, con 8700 km di costa e una ricchezza di paesaggi costieri e borghi storici senza pari al mondo, ha senz’altro nella bellezza dei propri mari e nei beni culturali (pensiamo ai quattro parchi archeologici marini) due risorse fondamentali per il futuro del turismo blu legato al desiderio di conoscere meglio e valorizzare in modo sostenibile il mare e la sua biodiversità. L’economia del mare è in forte ascesa, lo dimostra anche il nuovo Ministero del Mare. Gli acquari, a partire dai primi costruiti alla fine del XIX secolo a Berlino e a Napoli, hanno da sempre svolto questa funzione: attrarre un grande pubblico curioso e far conoscere la vita del mare. Il mondo degli acquari pubblici ha subito importanti rivoluzioni tecnologiche e una grande espansione negli ultimi decenni. Basti pensare all’Acquario di Genova, di Valencia e di Lisbona che attraggono milioni di visitatori ogni anno con un indotto economico molto importante. Nell’era post-Covid, le visite agli acquari sono esplose raggiungendo numeri senza precedenti in tutti gli acquari italiani a partire da quello di Genova, il secondo più grande d’Europa che ha toccato 1.400.000 visitatori (record assoluto della sua storia), a quelli di più piccole dimensioni come quello di Cala Gonone in Sardegna o di Livorno in Toscana che registrano tra i 60 e 120.000 spettatori. Per non parlare di Milano che ha anch’essa un visitatissimo acquario comunale. Nuovi acquari stanno sorgendo ovunque dall’Arabia Saudita al Marocco, dalla Croazia alla Cina. La tendenza più recente a livello globale è quella di sviluppare acquari più piccoli e legati alle tematiche di ricerca, quindi più facili ed economici da gestire e più efficaci per spiegare a un grande pubblico i problemi che affliggono i mari e la loro biodiversità. Ad esempio, la Fondazione Packard che sostiene l’acquario di Monterey Bay in California ha investito milioni di euro per la creazione di piccoli acquari scientifici (“water table”) per poter far vedere da vicino ai visitatori cosa fanno quotidianamente i ricercatori. Si tratta di una svolta importante che potrebbe favorire quelle città di mare con un forte collegamento con il sistema della ricerca e della divulgazione ambientale. Viene quindi spontaneo pensare ad Ancona, per cui il tema della realizzazione di un acquario è dibattuto da decenni. Ricordo l’esistenza di un progetto dai primi anni ’90. Ogni decennio, la proposta viene riesaminata senza trovare progettualità o una seria intenzione politica. Nel frattempo, l’Acquario di Napoli è stato completamente restaurato, è nato un progetto per l’Acquario di Trieste e a breve aprirà anche un piccolo Acquario a Fano. È un peccato che questa idea non sia stata presa in considerazione per Ancona, soprattutto nell’ambito dei finanziamenti del PNRR in quanto si tratterebbe di una tematica certamente coerente con lo sviluppo di una Green & Blue Economy capace di incrementare il turismo della regione e al contempo di fornire altre opportunità economiche. Peraltro, un acquario andrebbe anche a rafforzare la dimensione “Blu” della città che da troppo tempo soffre di una mancanza di progettualità. Un acquario ad Ancona sarebbe utile per le sinergie con il Porto di Ancona, il quale ha nei propri piani lo sviluppo di una portualità anche per le grandissime navi da crociera, valorizzando la presenza degli importanti flussi di passeggeri e offrendo loro l’occasione di visitare la città e di soggiornarvi e non solo transitarvi (facendo così felici gli albergatori e il settore indotto).

L’acquario sarebbe un’occasione per recuperare alcune delle aree non utilizzate o fatiscenti dell’area portuale o dei suoi immediati dintorni (e chi conosce Ancona sa che queste strutture non mancano). Inoltre, potrebbe essere associata facilmente, spazi permettendo, a un Museo del Mare che rappresenta un altro progetto in incubazione da decenni ma mai realizzato. Sarebbe quindi un’opportunità per raccontare in modo ampio la storia millenaria delle Marche e della Città di Ancona, dell’Adriatico e della sua pesca, mosciolo di Portonovo incluso. I più scettici potranno pensare che un acquario non sia sostenibile in termini economici. Ovviamente molto dipende dall’identificazione degli spazi idonei. Trovati quelli, il resto ha ottime prospettive di realizzazione. Avendo guidato personalmente la ristrutturazione dell’Acquario di Napoli e progettato quello di Fano credo di poter fornire indicazioni abbastanza realistiche. Ipotizziamo uno spazio minimo di 1000 m quadri (ma quello di Napoli è circa la metà) che permetterebbe l’allestimento di 30 vasche di diverse dimensioni (anche molto grandi) e molte vasche “scientifiche” più piccole con un budget compreso tra 1.5 e 2 milioni di euro: una struttura simile avrebbe la possibilità di attrarre 100-200 mila visitatori all’anno (se prendiamo come riferimento l’Acquario di Livorno), capace quindi di generare un budget (solo biglietteria e merchandising) dell’ordine di 2 milioni di euro. Se consideriamo che può essere gestito da 6 unità di personale (oltre alla biglietteria) possiamo comprenderne la piena sostenibilità. Cosa ben diversa è, invece, la sostenibilità di grandi acquari, come quello di Genova, che oltre a grandi investimenti (dell’ordine di 30-50 milioni di euro) hanno costi di mantenimento molto elevati. Senza contare che l’Acquario di Genova paga al Comune di Genova circa 3 milioni di euro all’anno di affitto degli edifici. Gli acquari piccoli e medi in Italia sono in attivo e costituiscono un ottimo esempio gestionale, attraggono turisti, formano centinaia di scolaresche e svolgono molte attività di conferenze ed esposizioni per un vasto pubblico. Credo che esistano diverse strutture che potrebbero essere valorizzate nel Porto o nel Comune di Ancona e sarebbe una bellissima opportunità da valutare in modo molto concreto. Inoltre, seguendo il modello Californiano, l’acquario potrebbe essere legato in modo forte all’attività scientifica dei ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche e del CNR di Ancona che nell’ambito della biologia marina sono riconosciuti a livello nazionale e internazionale. Offrendo opportunità concrete, la città di Ancona potrebbe facilmente attrarre uno o più investitori a prendere in seria considerazione questa ipotesi per far crescere una città in tanti sensi. Ancona, città sul mare ma non di mare, potrebbe così avviare una sua importante trasformazione.

*Professore ordinario all’Università Politecnica delle Marche titolare dei corsi di Biologia Marina, Ecologia ed Etica ambientale

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