La zootecnia è sostenibile con razze animali autoctone

La zootecnia è sostenibile con razze animali autoctone

di Davide Neri
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Martedì 6 Febbraio 2024, 06:05

La zootecnia marchigiana negli ultimi trent’anni ha subito un notevole cambiamento con una netta diminuzione della produzione bovina, ovicaprina e suinicola e un aumento delle produzioni avicole. Il settore avicolo attualmente rappresenta il primo settore zootecnico in termini di consistenza e prodotto lordo vendibile, seguito dall’allevamento suino e da quello bovino. Tutti i settori zootecnici hanno registrato una riduzione in termini di numero totale degli allevamenti con aumento progressivo della consistenza di capi per allevamento. Nelle Marche sono presenti attualmente circa 41.000 bovini distribuiti in 2.500 strutture zootecniche, che rappresentano lo 0,76% della popolazione bovina italiana. Mentre per il settore avicolo, sono presenti circa 4.600.000 capi distribuiti in 246 allevamenti, pari al 3,5-3,7% della produzione nazionale. I professori Simone Ceccobelli, Marina Pasquini e Maria Federica Trombetta del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali (D3A) fanno notare che la riduzione del patrimonio zootecnico bovino ha interessato purtroppo anche l’allevamento della razza autoctona Marchigiana, fiore all’occhiello della zootecnia regionale. Attualmente nella regione sono presenti circa 17.500 bovini di razza Marchigiana, che rappresentano il 34,8% della popolazione nazionale. L’allevamento della razza Marchigiana è di tipo “linea vacca-vitello”, con prevalente uso di pascoli in cui sono allevati fattrici e vitelli, che successivamente saranno ingrassati e venduti. Questi allevamenti, importanti per la difesa del territorio e del paesaggio, sono generalmente di piccole/medie dimensioni, con alimentazione basata su materie prime di origine aziendale. Per il settore latte, sono presenti 215 allevamenti con 9.406 capi. Anche questa realtà produttiva regionale è piuttosto frammentata con dimensione media aziendale ridotta, ma è in grado di produrre eccellenze importanti. In generale, le razze autoctone a limitata diffusione costituiscono una vera e propria riserva di variabilità genetica, capace di garantire sufficiente autonomia e flessibilità al sistema produttivo per il loro adattamento ai continui cambiamenti tecnici, economici e climatici. Per molte delle razze regionali e per i loro prodotti agroalimentari (carne, latte, formaggi, etc.) sono stati intrapresi percorsi di certificazione riconosciuti a livello comunitario (marchi IGP e DOP) e regionale come il marchio QM. Va sottolineato che a supporto della conservazione delle razze minacciate dal rischio di estinzione e delle risorse genetiche animali di interesse scientifico, ambientale, paesaggistico o culturale (ad esempio ovini di razza Fabrianese e Sopravissana o cavallo del Catria) la Regione Marche ha istituito, dal 2003, un repertorio regionale per ridurre il rischio di abbandono o inquinamento genetico conseguente all’introduzione di nuove razze animali più produttive.

Tuttavia, l’intervento istituzionale a fini conservativi potrebbe non bastare, senza la valorizzazione delle produzioni (latte, carne e derivati) ottenute da razze locali. In effetti il consumatore di oggi è alla continua ricerca di prodotti di qualità, salubri e con un valore aggiunto di natura identitaria, storica e/o etica, ma presenta anche una grande curiosità verso prodotti innovativi. Un esempio concreto di valorizzazione delle razze ovi-caprine autoctone sono i formaggi “monorazza” che hanno un preciso valore intrinseco (nutrizionale), un elevato valore identitario perché collegati al territorio, e un particolare valore etico in quanto legati a sistemi di produzione tradizionali generalmente considerati rispettosi dell’ambiente. Le nuove tecnologie di indagine molecolare del DNA hanno fornito strumenti per una sempre più approfondita conoscenza della variabilità genetica e della biodiversità, contribuendo anche a definire gli obiettivi da seguire nei programmi di conservazione delle risorse genetiche animali. I professori di zootecnia del D3A sottolineano che il benessere animale e la sostenibilità ambientale rappresentano un binomio indissolubile e imprescindibile di ogni buona pratica di allevamento che mira a tutelare gli animali, la biodiversità, la salute dell’uomo e dell’ambiente nel rispetto di norme e linee guida. Infine, sottolineano che le moderne tecnologie digitali possono contribuire a migliorare la sostenibilità economica, ambientale e sociale delle aziende zootecniche grazie a enormi quantità di dati, utili per lo studio e la gestione del comparto zootecnico. L’adozione di sensori, strumenti e software per l’individuazione di problemi, il monitoraggio e la previsione di variabili sui singoli animali consente oggi di supportare l’allevatore con la “zootecnia di precisione” anche per la valorizzazione delle razze locali.

* Docente Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Politecnica  delle Marche

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