Una visione aperta al futuro per le politiche economiche

Una visione aperta al futuro per le politiche economiche

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 3 Gennaio 2024, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 16:37

Negli ultimi anni l’andamento dell’economia regionale si è allineato alla media nazionale. Si tratta di una buona notizia, per diverse ragioni. Il sistema produttivo regionale, data la sua composizione settoriale, è stato particolarmente colpito dalle restrizioni alle attività economiche indotte dalla pandemia. Nel corso del 2020 erano numerose e fondate le preoccupazioni sulla capacità di recupero del sistema; la possibilità di agganciare la fase di rimbalzo post-pandemia non era per nulla scontata.

Le Marche hanno dimostrato di avere un sistema produttivo reattivo e vitale soprattutto nei diversi comparti del manifatturiero, che rimane un settore chiave per la creazione di reddito e di occupazione di qualità. La seconda ragione per essere soddisfatti dell’allineamento alla media italiana è il fatto che nel decennio precedente la pandemia l’economia regionale era arretrata rispetto alla media nazionale. In un decennio le Marche hanno perso quasi 10 punti percentuali di PIL pro-capite: il PIL pro-capite delle Marche a valori costanti è passato dai quasi 30.000 euro del 2007 (prima della crisi finanziaria) ai 25.300 del 2013 (il punto più basso) per poi parzialmente recuperare fino ai 27.000 del 2019. L’arretramento relativo della regione si è tradotto, come noto, nella retrocessione da regione sviluppata a regione in transizione nell’ambito delle politiche di coesione 2021-2027 della UE.

Avere interrotto l’arretramento relativo è quindi una buona notizia, soprattutto, come già ricordato, per la vitalità dimostrata in questa fase di ripresa dal settore manifatturiero. Allinearsi alla media nazionale significa comunque arretrare rispetto alle regioni più dinamiche del centro-nord, oltre che verso le più dinamiche della UE. Può sembrare una condizione poco soddisfacente tenuto conto che per oltre un quarantennio, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, le Marche avevano registrato tassi di crescita del PIL pro-capite sistematicamente superiori alla media nazionale. Nell’attuale situazione mantenere l’allineamento ai tassi di crescita medi nazionali è già un buon risultato, per nulla scontato nei prossimi anni.

Il sistema produttivo regionale è sufficientemente robusto e diversificato ma con alcune caratteristiche strutturali che sono diventati elementi di debolezza nell’attuale contesto competitivo: la presenza limitata di settori ad alta tecnologia rispetto ai settori tradizionali; lo scarso peso dell’occupazione in imprese di media e grande dimensione.

Questi elementi spiegano il differenziale negativo che le imprese regionali manifestano nella produttività (il 75% della media nazionale) e nella capacità innovativa. Ciò non significa che nella regione non siano presenti imprese eccellenti, in molti casi con posizioni di leadership nazionale e internazionale. Ma esse sono relativamente poche per riuscire ad influire sul dato complessivo. Il futuro dipenderà, come è stato in passato, soprattutto dalla volontà e dalla capacità degli imprenditori, vecchi e nuovi, di rischiare e impegnarsi nel cogliere le opportunità di sviluppo. Negli ultimi anni è anche cresciuto il ruolo delle politiche industriali insieme con le aspettative nei loro confronti.

Le risorse finanziarie per metterle in atto non mancano (almeno per un po’ di anni) ma è evidente che la loro efficacia dipende non tanto dall’entità delle risorse quanto dalla capacità di indirizzarle verso specifici obiettivi. Qui le questioni si complicano poiché non è affatto scontato capire quale siano le direzioni migliori. Concentrare risorse in pochi ambiti (come chiedono le politiche UE) o ripartirle sull’intero sistema (come legittimamente chiedono le diverse categorie interessate)? Sostenere le imprese in difficoltà (tipicamente le più piccole) o premiare quelle che hanno maggiore possibilità di successo (piccole o grandi che siano)? Non vi sono risposte univoche e la direzione da intraprendere non può che essere il risultato di scelte politiche capaci di mediare i diversi interessi in gioco. È auspicabile che in questa mediazione non vengano trascurati gli aspetti strutturali, che necessitano di orizzonti di lungo termine e non solo la risposta alle difficoltà immediate.

* Docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche e coordinatore della Fondazione Merloni
 

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