La sfida dell’innovazione nel distretto calzaturiero

La sfida dell’innovazione nel distretto calzaturiero

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 17 Gennaio 2024, 04:00

Lunedì scorso sono stato invitato ad un incontro sul distretto calzaturiero marchigiano organizzato congiuntamente dai giovani imprenditori di Confindustria Fermo e Confindustria Macerata. Fra i temi sollevati nella discussione vi è stato quello della necessità di rafforzare l’identità e l’immagine del distretto. In effetti la conoscenza del distretto calzaturiero a cavallo fra le province di Macerata e Fermo è meno diffusa di quanto meriterebbe, non solo a livello internazionale ma anche a livello nazionale e regionale. Il distretto calzaturiero marchigiano costituisce la più grande concentrazione di imprese e occupati nella produzione di calzature della Ue e fra le più rilevanti a livello mondiale.

Secondo gli ultimi dati Istat esso comprende circa 2.500 imprese con quasi 20.000 addetti. Questi numeri fanno riferimento alle imprese che producono calzature e accessori; in realtà l’attività produttiva del distretto induce una domanda di beni intermedi, lavorazioni e servizi che si estende a numerosi altri settori. L’Italia è il paese leader nella UE per la produzione di calzature. Abbiamo un numero di occupati nel settore, oltre 70.000, pari ad un terzo del totale e una quota sul valore della produzione di oltre il 50%. La maggiore quota in termini di valore della produzione rispetto a quella degli addetti deriva dal fatto che la qualità della produzione italiana è decisamente superiore alla media.

Le Marche sono la regione italiana con il maggior numero di occupati nel settore, il 90% dei quali è concentrato nel distretto a cavallo delle province di Macerata e Fermo. Al pari di altri distretti industriali del Made in Italy anche quello calzaturiero del fermano maceratese è fortemente orientato all’export con un valore attestato negli ultimi anni intorno ai due miliardi di euro. Se considerato dal punto di vista della politica industriale la produzione calzaturiera rappresenta un dilemma. Si tratta di un settore “tradizionale”, a basso contenuto di innovazione, e con livelli di produttività (valore aggiunto per addetto) e di remunerazione del lavoro inferiori ad altri settori manifatturieri. Un paese industriale avanzato dovrebbe uscire da questi settori per puntare a produzioni a più alto contenuto tecnologico.

A contrastare questa convinzione vi sono i numeri appena ricordati, che testimoniano la rilevanza del settore in termini di occupazione e reddito.

Questo dilemma può essere in parte superato per effetto della rivoluzione digitale e della transizione ecologica le quali aprono possibilità di innovazione radicale in tutti i settori, anche quelli tradizionali. Si tratta di sfide non facili da cogliere per un sistema che è in gran parte costituito da piccole e piccolissime imprese. Mancano le risorse finanziarie e le competenze necessarie a sfruttare le opportunità di innovazione. Non è un caso che negli ultimi anni sono uscite dal mercato molte piccole imprese, mentre quelle medie e grandi hanno ottenuto buone performance.

Tutte le imprese, grandi o piccole che siano, trarrebbero giovamento da una maggiore conoscenza del distretto da parte dei potenziali consumatori, i quali potrebbero associare la calzatura non solo al ‘Made in Italy” ma anche alla provenienza dal distretto marchigiano, opportunamente valorizzato nelle sue caratteristiche quantitative e qualitative. È un’opportunità vantaggiosa ma non semplice da raggiungere.

Occorrerebbe mettersi d’accordo, fra imprese e istituzioni, sul modo con il quale caratterizzare e valorizzare il distretto e su un’attività di comunicazione coerente e sistematica. Questo richiede un elevato grado di coordinamento fra i diversi attori coinvolti e, soprattutto, l’incentivo ad investire per un risultato che non avvantaggia direttamente chi lo effettua (impresa, comune o provincia) ma l’intera comunità del distretto. È la usuale difficoltà che si riscontra nel “fare sistema”: tutti sono convinti della sua utilità ma ottenere il risultato non è semplice, soprattutto in un contesto di elevata frammentazione come quello marchigiano. Il punto di partenza è la consapevolezza delle possibilità e gli incontri come quello di lunedì scorso costituiscono passi efficaci in questa direzione.

* Docente di Economia all’Università Politecnica delle Marche  e coordinatore della Fondazione Merloni

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