La pandemia impone nuove scelte sul lavoro

Servono politiche di sviluppo industriale che puntino al benessere delle persone

di Sauro Longhi
5 Minuti di Lettura
Lunedì 3 Maggio 2021, 16:12 - Ultimo aggiornamento: 10 Maggio, 18:35

Più di un anno fa, il mio primo articolo su queste colonne analizzava le problematiche del lavoro nella nostra Regione. Vivevamo in un altro mondo, non sapevamo cosa fosse una pandemia e speravamo in molti di progettare una svolta progressista per la nostra Regione proprio partendo dal lavoro. La pandemia arrivata da lì a poco ha cambiato tutto.

Prima il tema ricorrente era il contenimento della spesa pubblica in particolare quella sanitaria, poi abbiamo toccato con mano quanto queste politiche fossero sbagliate: ci siamo trovati impreparati, con un sistema sanitario non adeguato, una medicina territoriale trascurata e non attrezzata per affrontare la grave crisi sanitaria. È bastato poco per rendersi conto di tutto questo e grazie all’impegno di tanti medici e personale sanitario abbiamo contenuto gli effetti della pandemia. Non ne siamo ancora fuori, non abbiamo ancora vaccini a sufficienza per tutti, così come nelle prime settimane non avevamo le mascherine per difenderci.

Ora abbiamo compreso che un Paese non può fare a meno di queste difese, per cui dopo aver ripreso a fabbricare mascherine a breve riprenderemo a produrre vaccini. Mi auguro che questa esperienza guidi il Paese ad intraprendere politiche di sviluppo industriale che puntino al benessere delle persone, assicurando i principi fondamentali come salute e lavoro. Il lavoro rimanere l’unico strumento per garantire equità sociale e dà dignità e libertà ad ogni persona. È già tutto scritto nella nostra Costituzione: nel primo articolo si afferma che la Repubblica è fondata sul lavoro. Il lavoro è un diritto per tutti i cittadini e devono essere promosse tutte le condizioni per renderlo effettivo.

Così come deve essere prevista un’equa retribuzione per ogni lavoro, identica per le donne e per gli uomini e nel caso di difficoltà prevedere strumenti di assistenza. Basterebbe guidare le politiche industriali lungo queste direzioni e molti dei problemi troverebbero soluzione. Due giorni fa, in occasione della Festa dei Lavoratori, si è preso atto di dati, impietosi e negativi: più di novecento mila posti di lavoro sono stati persi da inizio pandemia, in prevalenza giovani e donne. Nelle Marche la situazione è ancora peggiore, in queste settimane nel settore manifatturiero si rischia di perdere ulteriori mille posti di lavoro in un territorio già in sofferenza come quello del Fabrianese.

Le aziende sembrano aver perso il legame con il proprio territorio, non ne attingono più ispirazione, non ne valorizzano le ricchezze, ne trascurano i bisogni. Con l’arrivo delle multinazionali si è persa la voglia di innovare e di creare, tipica dell’intraprendenza regionale. Analoghe situazioni si possono trovare negli altri comparti manifatturieri che hanno sempre rappresentato l’asse portante delle Marche. La situazione è momentaneamente congelata per il blocco dei licenziamenti che terminerà tra due mesi. Sarà bene iniziare a pianificare transizioni graduali e sostenibili dal punto di vista sociale, non è ammissibile lasciare altre migliaia di persone senza lavoro.

Il lavoro è cambiato e continuerà a trasformarsi, anche spinto dalle necessità imposte dalla pandemia, come ad esempio il lavoro agile.

Nella nostra Regione in poco più di 50 anni siamo passati da un lavoro prevalentemente agricolo ad uno industriale e di terziario avanzato, ancora in piena trasformazione per le innovazioni tecnologiche introdotte dalla digitalizzazione e speriamo presto anche dalle transizioni ecologiche ormai irrinunciabili per una piena sostenibilità ambientale. Avremo sicuramente più “macchine” per faticare meno ma lavorare in più persone, per continuare a costruire “cose” ma con ridotto consumo di risorse e di energia in una prospettiva di sviluppo sostenibile, per migliorare le condizioni di vita di tutti e rispettosa dell’ambiente. Per evitare che la sostenibilità porti a perdite di posti di lavoro, piuttosto che crearne di nuovi, occorre accompagnare queste trasformazioni con percorsi di formazione per dare conoscenze e competenze ai lavoratori e quindi capacità di utilizzo delle nuove tecnologie senza lasciare indietro nessuno.

Nei recenti rapporti del World Economic Forum, dedicato ai nuovi mestieri del futuro, si descrivono scenari in cui le innovazioni e le nuove scoperte scientifiche porteranno a nuovi mestieri non ancora prevedibili, pensate alle infinite possibilità offerte dall’intelligenza artificiale e dalla robotica. Siamo riusciti a far volare un drone su un altro pianeta, Marte. Per il nostro Paese non esiste altra strada, lo insegno ai miei studenti: le nuove tecnologie devono permettere di far meglio quello che facevamo prima, faticando meno, con maggiore qualità e maggiore sicurezza, creando più benessere e posti di lavoro. Lavorando meno ma lavorando tutti, abbattendo le diseguaglianze sociali.

Questa trasformazione potrebbe essere facilitata dal progetto appena presentato dal Governo per attingere ai finanziamenti del NextGeneration EU, almeno nelle linee di indirizzo generale questo è ben evidenziato e auguriamoci che le tante azioni previste trovino attuazione nei tempi previsti. «Sarà il lavoro a portare il Paese fuori da questa emergenza - assicura il Presidente Mattarella - l’equità, l’evoluzione sociale si reggono sulla garanzia per tutti dell’accesso al lavoro. Se il lavoro cresce, cresce la coesione della nostra società». Nelle Marche tutto questo richiede uno sforzo maggiore. Abbiamo settori produttivi costituiti da piccole e medie imprese che hanno bisogno di innovazione e di conoscenze specifiche ma che non hanno le strutture e le dimensioni per poterlo fare autonomamente. Occorre, come ho più volte ripetuto, un Marche New Deal basato su visioni lungimiranti, sulla valorizzazione delle persone e su investimenti appropriati in infrastrutture e piattaforme aperte e collaborative, con una partecipazione significativa degli enti di ricerca e delle università, per dare formazione ai lavoratori e fornire strumenti innovativi alle imprese in un’ottica di piena sostenibilità sociale ed economica.

* Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Facoltà di Ingegneria , Università Politecnica delle Marche

© RIPRODUZIONE RISERVATA