Tra licei e istituti tecnici serve una contaminazione

Tra licei e istituti tecnici serve una contaminazione

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 8 Febbraio 2023, 03:45

La scorsa settimana sono stati resi noti i primi dati relativi alle scelte di iscrizione agli istituti di istruzione secondaria superiore. Le scelte dei ragazzi della nostra regione non si discostano in modo significativo dai valori medi nazionali, almeno per quanto riguarda la ripartizione fra licei, istituti tecnici e istituti professionali. Nelle Marche il 56,7% degli studenti ha scelto i licei (57,1% a livello nazionale), il 30,3% gli istituti tecnici (30,9% la media nazionale) e il 13,0% gli istituti professionali (12,1% la media). Si conferma, quindi, la tendenza a preferire percorsi di studio che prefigurano il proseguimento verso l’università. Lo è sicuramente la scelta dei licei scientifici, arrivati a quasi un quarto del totale delle iscrizioni, mentre continua la riduzione delle iscrizioni al liceo classico (di poco sopra al 5% del totale), superato negli ultimi anni anche dal liceo linguistico. La preferenza per percorsi propedeutici al proseguimento degli studi verso la formazione terziaria non è da considerarsi un problema. Insieme con la Romania siamo il paese UE con la più bassa percentuale di giovani laureati per cui abbiamo bisogno di incrementare la percentuale di coloro che proseguono la formazione oltre la scuola secondaria. Non necessariamente nei percorsi di laurea tradizionali, ma anche nei percorsi di formazione tecnica superiore che stentano a decollare nel nostro paese.

Negli ultimi decenni sono state tentate varie strade: dai diplomi universitari triennali (poi aboliti con la riforma dei cicli universitari) agli IFTS e agli ITS. Questa continua ridefinizione non ha giovato a consolidare questi percorsi di formazione agli occhi dei ragazzi e delle famiglie. Malgrado gli elevati livelli di occupabilità offerti da questi corsi il loro numero e il numero degli iscritti sono decisamente bassi rispetto ad altri paesi europei. In Italia gli iscritti agli ITS sono intorno ai 20.000; in Germania gli iscritti agli istituti formazione tecnica e professionale post-diploma (le Fachhochschule) si avvicinano al milione. Non giova, a questo proposito, la radicata contrapposizione che esiste nel nostro paese fra sapere teorico, impartito nei licei, e sapere tecnico-pratico, a fondamento degli istituti tecnici e professionali.

Entrambi si gioverebbero di una maggiore contaminazione fra queste due aree; a guadagnarne sarebbero soprattutto i ragazzi che frequentano i licei i cui programmi sono rimasti ancorati ad una visione superata che considera la formazione tecnico-pratica di serie B rispetto a quella teorica. Un maggiore equilibrio fra queste aree offrirebbe agli studenti maggiore varietà nelle metodologie di apprendimento e maggiori possibilità di valorizzare le proprie capacità e attitudini. Quindi maggiori opportunità di crescita e una maggiore disponibilità alla varietà dei percorsi di formazione post diploma.

È una delle tante mancate riforme del nostro sistema di formazione superiore; insieme, per citarne un’altra, al fatto che siamo fra i pochi paesi in cui persone maggiorenni continuano a sedere nei banchi di scuola. Per rimanere all’attualità va notato che l’allineamento alla media italiana delle scelte degli studenti marchigiani è in dissonanza con quanto avviene in altre regioni che con le Marche condividono la vocazione manifatturiera. In Lombardia la percentuale di iscritti agli istituti tecnici è il 36,2%, in Emilia-Romagna il 36,8%, in Veneto il 38,8%. Di conseguenza è più bassa in queste regioni la percentuale di iscritti ai licei: di poco superiore al 50% in Lombardia, scende al 47,9% in Emilia-Romagna e al 46,8% in Veneto. Non è un caso che queste sono anche le regioni nelle quali funziona meglio il sistema dell’istruzione tecnica superiore. E non è un caso che le imprese marchigiane lamentano difficoltà nel reperire personale tecnico qualificato. Il sistema della formazione superiore è un anello cruciale per lo sviluppo di un paese. Ce lo diciamo da decenni ma ben poco si è fatto per incidere in modo significativo sui percorsi di studio e sui loro contenuti. C’è da augurarsi che questo governo, che si propone di legislatura, trovi il coraggio e le idee per riforme che siano finalmente incisive.

*Docente di Economia
alla Politecnica delle Marche
e coordinatore
Fondazione Merloni

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