Sei morti nelle Rsa, infermiere condannato all'ergastolo: i difensori impugnano la sentenza

Gli avvocati Voltattorni e Pietropaolo
Gli avvocati Voltattorni e Pietropaolo
di Luigi Miozzi
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Giovedì 12 Gennaio 2023, 02:40 - Ultimo aggiornamento: 15:44

ASCOLI - «La corte di assise di Macerata  non ha tenuto conto degli indizi a discarico dell’imputato». I difensori di Leopoldo Wick, l’infermiere della Rsa di Offida condannato lo scorso mese di giugno allergastolo per l’omicidio di sei ospiti della struttura e del tentato omicidio di un altro anziano, hanno depositato il ricorso davanti ai giudici della corte d’assise d’appello di Ancona per impugnare la sentenza di primo grado. 

 

Gli avvocati Tommaso Pietropaolo e Francesco Voltattorni hanno spiegato i motivi del ricorso puntando soprattutto sul fatto che quello che si è tenuto a carico dell’infermiere sia stato sin dall’inizio un processo indiziario e tale è rimasto sino alla fine anche a seguito della fase dibattimentale in aula. «Nelle motivazioni della sentenza di primo grado - spiega l’avvocato Pietropaolo - si sostiene giustamente che si possa arrivare ad una sentenza di colpevolezza se gli indizi risultano essere gravi, precisi e concordanti. Ma bisogna tener conto di tutti gli elementi emersi nel corso del processo. In questo caso, invece, non si è tenuto conto  delle testimonianze in aula a discarico di Wick. Sono state prese in considerazione solo quella a carico». A questo, poi, ci sarebbero anche alcuni aspetti tecnici e procedurali ai quali, secondo i difensori dell’infermiere, i giudici di Macerata non avrebbero dato la giusta importanza. A cominciare dalle modalità di conservazione dei reperti, questione che era già stata oggetto di un serrato dibattimento in aula tra il Pm Umberto Monti, i difensori e i periti di parte. Anche il difensore dell’Asur Marche, chiamata in causa come responsabile civile, il professor Gianfranco Iadecola, nel corso della sua arringa aveva sostenuto che le perizie acquisite nel corso dell’attività di indagine non sarebbero dovute essere prese in considerazione. Così come vennero sollevate dallo stesso docente di diritto penale nonché già procuratore in corte d’appello a L’Aquila e sostituto in Cassazione delle irregolarità sull’affidamento degli incarichi ai periti. Tesi, queste che verranno sostenute anche nel corso del processo di grado. 

La corte d’assise di Macerata, al termine del processo di primo grado, aveva condannato all’ergastolo Wick, ritenendolo responsabile di sei dei sette omicidi e di un solo caso di tentato omicidio rispetto ai quattro ipotizzati dalla Procura.

I giudici, inoltre, avevano condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e al risarcimento delle parti civili da quantificarsi poi in sede civile ma per i quali era stata stabilita una provvisionale di 40mila euro per ciascun figlio delle vittime costituitosi in giudizio, di 20mila per ogni fratello e 15mila per ciascun nipote. Una sentenza che aveva destato sorpresa nei difensori di Wick certi che nel corso del processo fossero emersi elementi tali da scagionare il proprio assistito. Ed anche il Pm Umberto Monti, così come aveva già annunciato commentando la sentenza a caldo, ha presentato ricorso davanti alla corte d’assise d’appello di Ancona. In circa 130 pagine, la pubblica accusa ha spiegato i motivi con cui chiede ai giudici di secondo grado di riformare la sentenza emessa dal tribunale di Macerata.

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