Raffaella Baiocchi da Ascoli all'Afghanistan: «Faccio nascere tante bambine, ma con quale futuro?»

Raffaella Baiocchi da Ascoli all'Afghanistan: «Faccio nascere tante bambine, ma con quale futuro?»
Raffaella Baiocchi da Ascoli all'Afghanistan: «Faccio nascere tante bambine, ma con quale futuro?»
di Marco Vannozzi
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Martedì 24 Agosto 2021, 08:57 - Ultimo aggiornamento: 09:10

Settemila. Come i chilometri che separano Ascoli da Anabah. Settemila. Come i bambini che ogni anno nascono nel centro di ostetricia, neonatologia e pediatria realizzato da Emergency proprio lì, nella valle del Panshir, a due ore da Kabul. A capo dell’intera area della Ong, uno staff quasi tutto al femminile, un centro delle donne per le donne, c’è un’ascolana, la dottoressa Raffaela Baiocchi. «Quando questa guerra sarà finita, l’Afghanistan avrà forse più bisogno di donne che di uomini”» scriveva Khaled Hosseini nel suo romanzo “Mille splendidi soli”. La guerra non è ancora finita.

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Dottoressa, come è la situazione adesso?
«Siamo in attesa.

Mi trovo nel Panshir, l’unica provincia non caduta nelle mani dei talebani (ma nel loro mirino ndr). È una roccaforte: nemmeno al tempo dell’occupazione sovietica riuscirono ad entrare. Qui c’è la vera resistenza del Paese».

Echi da Kabul?
«La maggior parte del nostro personale viene dalla capitale e dalle zone limitrofe: non ci sono particolari problemi negli spostamenti. Tutto ora è come congelato, pian piano stanno riaprendo le attività e paradossalmente c’è più tranquillità. Al netto degli attentati, Kabul però è sempre una città difficile, con altissimi tassi di criminalità: si può morire anche per un cellulare, mi raccontano le mie specializzande».

Quali sono i cambiamenti nel suo centro dopo l’arrivo dei talebani al potere?
«Stiamo continuando a lavorare in modo regolare, anche se c’è stato un calo drastico dei pazienti. In questi ultimi giorni sembra si stia tornando alla normalità. I lavoratori sono invitati a svolgere le mansioni, soprattutto per quanto riguarda il settore sanitario si cerca di far andare avanti senza troppi problemi. Tutto come prima? Non credo. C’è diffidenza e paura».

Come mai la scelta dell’Afghanistan?
«Avevo voglia di fare un’esperienza in un paese in via di sviluppo. Sono arrivata qui nel 2007, subito dopo la specializzazione. Emergency aveva avviato da qualche anno il centro maternità di Anabah. E mi sono innamorata di questo progetto».

Ci racconta il suo centro ad Anabah?
«Quasi 400mila le donne che hanno avuto accesso sicuro e gratuito a cure di qualità, centinaia hanno lavorato qui e sono state formate da Emergency in questi anni. All’inizio molte famiglie locali non volevano permettere alle loro mogli e figlie di lavorarci, a causa della presenza dello staff internazionale e del presunto rischio di corruzione morale ad esso collegato. Qui ho visto nascere migliaia di bambini e tante bambine che sono poi cresciute e sono divenute le nostre infermiere, le nostre ostetriche. Il centro di maternità di Anabah è un mondo dove le donne si aiutano l’una con l’altra».

La medicina era il suo sogno fin da piccola?
«Ho sempre avuto un’idea romantica, anche se al liceo amavo la filosofia. Poi però il desiderio di esplorare nuove realtà mi ha portato qui».

Le origini e i primi passi ad Ascoli. Quindi il salto dall’altra parte del mondo?
«Sono di Borgo Solestà. Ho frequentato lì le scuole, poi lo Scientifico. Mi sono laureata in medicina ad Ancona, prima dell’Afghanistan ho lavorato in Veneto e Trentino».

Ad Ascoli c’è ancora la sua famiglia?
«Mia madre e mia sorella. Mio padre è scomparso tre anni fa. Ho anche tantissimi amici e parenti».

Quando pensa di poter ritornare a casa?
«Al momento è impossibile dirlo. Sarei tornata a ottobre. Ora purtroppo non si sa. Ci sono grosse difficoltà con l’aeroporto di Kabul. Aspettiamo che la situazione evolva. Ci auguriamo si possa raggiungere presto una maggiore serenità».

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