«Sei morta» e le lancia dei vasi di fiori. Relazione finita male ad Ancona: la stalker a processo

«Sei morta» e le lancia dei vasi di fiori. Relazione finita male ad Ancona: la stalker a processo
«Sei morta» e le lancia dei vasi di fiori. Relazione finita male ad Ancona: la stalker a processo
di Stefano Rispoli
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Domenica 21 Gennaio 2024, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 09:21

ANCONA «Mi seguiva e mi minacciava di morte, dandomi della prostituta. Mi ha maltrattata per anni e una volta ha tentato di colpirmi lanciandomi dei vasi di fiori». Così ha raccontato la presunta vittima in tribunale. Ma per l’imputata, finita a processo per stalking, la storia è diversa: nega di aver avuto una relazione sentimentale con la donna con cui ha convissuto per molti anni e con cui gestiva un asilo nido. Ma soprattutto, nega di averle mai usato violenza o di averla perseguitata.

Il racconto

La verità dei fatti dovrà stabilirla il giudice Francesca Grassi, che in aula ha ascoltato la 55enne che nel 2002 ha deciso di denunciare ai carabinieri la donna con cui, a suo dire, ha avuto una love story durata circa quindici anni, cominciata nel 1999 e terminata bruscamente nel 2014. Le due donne, che convivevano in provincia di Ancona, sicuramente erano accomunate da rapporti lavorativi, visto che insieme gestivano un asilo. E proprio dissidi di carattere economico, sorti nel momento in cui l’attività è stata chiusa, ma anche il rancore per un amore non corrisposto avrebbero rovinato il rapporto, secondo la 55enne imputata, difesa dall’avvocato Michela Zito del foro di Bologna. Avrà modo di esporre la propria versione dei fatti nell’udienza fissata per il prossimo 2 aprile, quando verrà ascoltata dal giudice insieme ad alcuni testimoni. Nella scorsa udienza è stata sentita invece la vittima, che ha deciso di rivolgersi ai carabinieri dopo la presunta aggressione subita il 19 marzo 2022. Quel giorno l’imputata l’avrebbe raggiunta in auto nei pressi della sua abitazione e le avrebbe scagliato contro, senza colpirla, alcuni vasi, gridando: «Ti ammazzo, hai finito di vivere». A soccorrerla è intervenuto un amico, anche lui ascoltato in aula, che ha raccontato di aver letto dei messaggi minatori sul cellulare della vittima, con scritto “Sei morta” e “Goditi la vita perché finisce in fretta”, con tanto di foto di un’accetta su un ceppo. La vittima, che non si è costituita parte civile, ha riferito in aula di aggressioni fisiche subite anche durante la convivenza, benché non si sia mai fatta medicare all’ospedale.

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