Corsa all’ultimo pranzo nei ristoranti prima del lockdown: «Pieni fino a mercoledì
ma poi sarà un disastro»

Il ristorante Giardino di Ancona
Il ristorante Giardino di Ancona
di Andrea Maccarone
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Domenica 20 Dicembre 2020, 11:35

ANCONA - Ultimo weekend di semilibertà. Poi il quasi lockdown fino al 7 gennaio. Ieri e oggi ristoranti sold out (nei limiti del consentito). Ma non basta a compensare l’ammanco del Natale in zona rossa. Chi si attrezza per l’asporto, e chi invece sceglie addirittura di restare chiuso fino al ritorno in zona gialla.

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La situazione è difficile per tutto il settore, che chiede ristori sicuri e in tempi rapidi. Altrimenti il 2021 si aprirà con un saldo in negativo per nulla benaugurante. 


L’ultimo valzer 
Come nel film di Scorsese va in scena l’ultima esibizione. Solo che il regista raccontava l’addio ai palchi della celebre Band di Bob Dylan. Mentre qui sono i ristoratori a salutare i clienti. Ma non per sempre, per fortuna. Bensì per una decina di giorni abbondanti. Così ieri e oggi le sale dei bistrot e ristoranti si sono riempite per gli ultimi pranzi consentiti del 2020. Per la precisione: fino al 23. Poi, dalla vigilia, tutti chiusi in casa.
«Infatti fino a mercoledì sono già al completo – racconta Antonio Ambrosio del ristorante Il Giardino – non ho più un posto libero. Ma nonostante l’exploit, non si riesce ad attutire il colpo. Quello che ci viene tolto nei giorni delle festività natalizie è perso e basta. E’ irrecuperabile». «Natale per noi è come ferragosto per le spiagge – dice Corrado Bilò de La Moretta – per non parlare della cena della vigilia e dell’ultimo dell’anno. Meglio non pensarci».


Rebus asporto 
Infatti sebbene il weekend ha visto il sold out delle prenotazioni, i conti sono sempre al di sotto delle reali potenzialità. «Quattordici persone all’interno e altrettante all’esterno – affermava ieri Francesco Pinna del bistrot Gnaogatti – Siamo al completo e per domani abbiamo già qualche prenotazione.

Ma siamo ben al di sotto di quello che potremmo fare in tempi normali».  I ristoratori riflettono sulla convenienza a rimanere operativi nei giorni in fascia rossa con il servizio da asporto. «Mi piacerebbe proporre il cocktail di fine anno da asporto – continua Pinna – ma non so quante persone avranno voglia di uscire di casa. E poi non è chiaro se sia consentito il ritiro da parte del cliente». «Siamo pronti a lavorare con l’asporto nei giorni di lockdown – dice Ambrosio – ma prima di organizzare tutta la squadra vorremmo capire cosa ci sarà consentito fare». Ma oltre all’asporto (che non copre neanche i costi di gestione) c’è anche chi vorrebbe attivarsi per le consegne. «Un altro servizio al cliente è il delivery – afferma Thomas Polenta del ristorante Il Baffo – siamo pronti a portare i nostri piatti nelle case degli anconetani. Ma siamo in attesa di sapere bene come dobbiamo comportarci. Ce la stiamo mettendo tutta per contrastare la crisi, ma abbiamo bisogno di linee guida chiare e dettagliate».

Dubbio chiusure
Il dubbio amletico attanaglia i ristoratori. Meglio stare chiusi durante le festività? C’è chi decide di andare avanti lo stesso nonostante le limitazioni con i servizi di asporto e delivery, e chi invece preferisce rinviare tutto a dopo le feste. «Terrò aperta la pizzeria Matas54, mentre al Guasco credo che sarò chiuso – dice il ristoratore Stefano Morini – non ho ancora sciolto il dubbio, ma è probabile che farò così». Dello stesso parere Francesco Pinna di Gnaogatti: «ci sto pensando – dice il barman – durante il lockdown di marzo abbiamo proposto l’asporto di cocktail, ma vedo che adesso c’è molta incertezza anche da parte della gente. Nei prossimi giorni decideremo». E anche le attività che fino a ieri hanno macinato parecchio con l’asporto, adesso frenano e valutano lo stop. «Vado avanti fino al 31 dicembre – annuncia Ambrosio – poi mi fermo. La nostra struttura è troppo grande per sostenersi solo con l’asporto, che comunque opereremo fino a fine anno. Ma dal 1 gennaio chiudo. Riaprirò solo quando avremo notizie certe su come poter lavorare sul lungo periodo». 
Infatti il danno maggiore lo subiscono le attività con una capienza maggiore, i cui costi di gestione lievitano. «Avevo 320 posti – continua Ambrosio – li ho dovuti portare a 200. Per una prenotazione da 12 persone ho dovuto usare 8 tavoli per via del distanziamento. Diventa difficile lavorare così. Meglio fermarsi per un po’ e attendere direttive più precise».

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