La denuncia dei medici: «In caso di positività rimanere in casa 21 giorni non è un'odissea ma la prassi»

Il punto della situazione di Massimo Magi segretario della Federazione italiana di medici di medicina generale
Il punto della situazione di Massimo Magi segretario della Federazione italiana di medici di medicina generale
di Maria Cristina Benedetti
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Martedì 17 Novembre 2020, 10:01 - Ultimo aggiornamento: 10:11

ANCONA  - La filiera dei tamponi è lenta. Anzi no. «La situazione è molto complessa. Dobbiamo sostenere il sistema, perché stiamo rischiando tanto». Massimo Magi apre un varco tra polemiche, timori e reali necessità. Arriva all’estrema sintesi, il segretario della Federazione italiana di medici di medicina generale.

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 «Finora è stata dimostrata grande capacità organizzativa». Da qui in poi ripercorre i passaggi della crociata contro «quel virus insidioso che ancora una volta ritira fuori il capo». Muove il passo d’inizio: la telefonata al medico di famiglia per segnalare il malessere sospetto. È il primo anello della catena anti-pandemia. «Nella nostra zona, Ancona sud - imprime il ritmo - la risposta arriva in 24-48 ore, grazie a un sistema informatico. La stessa Cov-app che viene usata anche a Fermo». Magi definisce il campo d’azione: l’Usca - Unità speciali di continuità assistenziale - di Osimo e Loreto, che mette insieme 72 medici e 7 coordinatori. Un team, che replica lo schema su Ancona nord e centro, con il compito di valutare i casi Covid, positivi o sospetti, a domicilio. 

Scatta il triage telefonico. «Decidiamo se il paziente dev’essere ricoverato, attivando il 118, o se ha necessità di effettuare un tampone». Due giorni al massimo e il meccanismo si attiva. Nel caso l’alternativa sia il test naso-faringeo, questo dovrà essere eseguito da laboratori del distretto sanitario: se asintomatici, nella propria auto nei drive through, gestiti dal personale dell’Azienda sanitaria; oppure a domicilio. Ma mai senza la richiesta medica. 

Azione. Magi non ci sta e, con l’efficacia dei fatti, risponde alle accuse che arrivano in ordine sparso: ci sono positivi costretti a stare un mese a casa in attesa del test negativo; medici in panne; telefonate senza risposta per prenotare. «Forse, a parlare è qualcuno che è incappato nelle difficoltà - è pronto ad ammettere - che hanno rallentato l’attività della scorsa settimana. Mancavano i reagenti, la frenata è stata inevitabile. Ma abbiamo già recuperato». E a questo punto del percorso si affida alla formula “10-7-7”. Si spiega: «Chi è positivo, e non ha necessità di ricovero, deve stare in casa, isolato, per poi ripetere il test dopo 10 giorni: se risulta negativo è subito libero. Altrimenti, dopo una settimana deve rifare la prova e, se anche questa volta dovesse emergere la positività, dovrà verificare ancora dopo altri sette giorni». Tutti passaggi regolati in collaborazione col Dipartimento prevenzione dell’Asur, con i risultati dei test pubblicati sulla piattaforma regionale. Il rappresentante dei medici di famiglia arriva a fine percorso: «Trascorsi i 21 giorni inevitabilmente la carica virale ha perso virulenza». Tradotto: quella che alcuni definiscono un’odissea è la prassi per garantire la salute pubblica. «Non escludo ostacoli lungo il cammino. La situazione - ribadisce - è talmente complessa, ma il sistema sta rispondendo». 

Invita a ripassare il galateo anti-pandemia - mascherina, distanziamento e super igiene delle mani - prima di arrivare sul terreno dei contatti stretti. «In questo caso devono scattare i 14 giorni di isolamento fiduciario, oppure 10 con tampone in uscita».

Rimessi insieme tutti i tasselli, Magi passa alle criticità del caso: la totale mancanza di infermieri a fare da spalla ai medici di base e l’adeguata certificazione della quarantena, che non è malattia, da fornire a chi lavora. «Un impegno - precisa - assolto dal Sisp, il Servizio di igiene e sanità pubblica, del Dipartimento prevenzione». E, infine, allenta la pressione al capitolo “tamponi rapidi”, che sono screening sulla popolazione e non strumenti di diagnosi. «Si partirà entro la settimana», avverte. «Stiamo definendo in queste ore le linee guida. La Regione ha accettato la nostra elasticità: si potranno eseguire nei nostri studi, là dove gli spazi lo consentono, nelle tende allestite dalla Protezione civile oppure in strutture dedicate, messe a disposizione dal Comune, dalle Usca o dall’Asur». Perché - è la sua convinzione - contro questo virus che ritira fuori il capo ci vuole, soprattutto, flessibilità

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