Inviare sulla Terra l'energia prodotta dai pannelli solari in orbita: è Solaris, il nuovo progetto Esa

Accordo tra Enel e Thales Alenia Space per studiare la fattibilità della tecnologia su più ampia scala. Obiettivo: decarbonizzare e ottenere una produzione infinita, anche di fronte a fasi di instabilità geopolitica

Inviare sulla Terra l'energia prodotta dai pannelli solari in orbita: è Solaris, il nuovo progetto Esa
di Angelo Paura
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Mercoledì 15 Novembre 2023, 13:54 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 11:14

Diverse volte nella storia delle esplorazioni spaziali è successo che tecnologie sviluppate per le missioni siano poi diventate un prodotto di massa sulla Terra.

Un esempio perfetto è il fotovoltaico che in una forma molto simile a quella attuale – il primo pannello solare rudimentale è stato inventato nel 1883 – è apparso per la prima volta nel 1958, per fornire energia al satellite Nasa Vanguard 1. È in questo contesto che Solaris, un nuovo progetto dell’Agenzia spaziale europea (Esa), sta facendo sperare in un futuro di energia rinnovabile, infinita, proveniente dallo Spazio: prevede di inviare sulla Terra l’energia prodotta da pannelli solari in orbita attraverso microonde, un esempio perfetto del sacro graal che tutti gli scienziati stanno cercando da decenni per decarbonizzare la produzione di energia, in un momento di instabilità politica e di segnali sempre più chiari dei cambiamenti climatici dovuti all’attività umana.

L’ACCORDO

 Il progetto prevede di studiare la fattibilità di questa tecnologia e ha visto la firma di un accordo tra Enel e Thales Alenia Space, joint venture tra la francese Thales Group e l’italiana Leonardo. Enel è una delle prime utility a livello globale a investire nel settore e ha messo a disposizione sia il team di ricerca sul fotovoltaico di Catania, un’eccellenza internazionale, sia i centri Enel che si occupano di batterie a Roma e a Catania. L’idea è quella di entrare anche nella space economy che già oggi attira, oltre alle agenzie spaziali di tutto il mondo, anche diversi privati tra cui SpaceX di Elon Musk e Blue Origin di Jeff Bezos.

Nei prossimi anni infatti si prevede non solo di iniziare i primi viaggi turistici in orbita, ma anche l’estrazione di materie prime dalla Luna, installando una base permanente sul satellite attraverso la missione Nasa Artemis. A dire il vero il nome Solaris sembra un omaggio all’omonimo romanzo sci-fi di Stanisław Lem e, allo stesso tempo, la possibilità di trasmettere energia solare dallo spazio è stata pensata per la prima volta proprio dalla fantascienza: in Essere razionale (The Reason) pubblicato da Isaac Asimov nel 1941 si racconta di una stazione spaziale che trasmette energia sulla Terra attraverso le microonde.

IL PIANO

 Questa idea di confine è diventata realtà lo scorso marzo, con il progetto Maple guidato da un ingegnere italiano che da anni lavora in California, Sergio Pellegrino: il team del professore ha trasmesso energia dallo Spazio direttamente sul tetto del campus del California Institute of Technology di Pasadena. Anche se per ora si tratta di poca energia – si calcola che non sarebbe in grado di accendere una lampadina – l’esperimento prova che è possibile trasportarla usando le microonde. E il successo dell’esperimento e delle future applicazioni lo si vede anche dalla fila di Paesi – Stati Uniti, Europa, Cina, Regno Unito e Giappone – che stanno lavorando a diversi progetti e che entro la fine del decennio potrebbero iniziare a sperimentare in orbita. Non è la prima volta che i governi guardano allo Spazio per dare una risposta ai problemi energetici della Terra. Nel 1976, dopo la crescita del costo del petrolio a causa dell’embargo, il Department of Energy degli Usa iniziò una sperimentazione di quattro anni per capire la fattibilità della produzione di energia solare in orbita. Si stabilì che i costi sarebbero stati proibitivi, questo prima dell’ingresso dei privati nel settore spaziale e della possibilità per esempio di recuperare i razzi come fa SpaceX da qualche anno. E i costi scenderanno ancora di più in futuro: come scrive il Financial Times Space Solar, un’azienda tecnologica inglese, stima che entro il 2040 un satellite con pannelli solari produrrà energia al costo di 34 dollari per megawatt all’ora, contro i 43 dollari delle centrali elettriche fotovoltaiche terrestri, dei 53 dollari dell’eolico e dei 125 dollari del nucleare. All’interno della space economy, oltre alla sperimentazione di queste tecnologie d’avanguardia, esiste un settore già attivo e capace di produrre ricchezza: si tratta dello space for earth, in cui Enel sta lavorando su applicazioni vicine alla commercializzazione che usano i satelliti, i droni e l’intelligenza artificiale per osservare i cantieri degli impianti di produzione di energia elettrica, valutando lo stato del progetto, oppure per monitorare le dighe e la produzione di energia idroelettrica, e ancora per analizzare dati meteorologici e capire se un impianto di rinnovabili è fattibile in una data regione. Infine, l’uso di satelliti in orbita bassa permetteranno di controllare a distanza attraverso robot impianti di energia in aree remote difficilmente raggiungibili, dove non sono presenti altre forme di connessione.

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