Non c'è il sapore dell'impresa dell'altro mondo e nemmeno le maglie rosse con cui Panatta&C. scesero in campo contro il Cile nel 1976; Malaga è decisamente diversa da Santiago e manca anche il fascino dei tre set su cinque che hanno reso epica la vecchia Davis. Ma, piaccia o no, il tennis è cambiato e l'impresa di Jannik Sinner, Matteo Arnaldi e capitan Volandri (più Sonego e Musetti) resterà nella storia di questo sport. Una formula agile, incontri concentrati in una settimana, la necessità di giocare al top ogni giorno. È il nuovo tennis, sono lontani i tempi delle trasferte australiane preparate con un mese di allenamenti sul campo. È il tennis televisivo, giocato a ritmi serrati, che non conosce momenti di sosta tra un incontro e l'altro.
Fenomeno Jannik Sinner
Di questo nuovo tennis Jannik Sinner è il potenziale nuovo numero 1. Se l'Italia vince a Malaga il merito è suo e più che Davis Cup dovremmo chiamarla Sinner Cup.
Davis, il ruolo di Volandri
Nella vittoria di Malaga ha avuto una parte importante anche capitan Volandri che si è fatto trascinare da Sinner e gli ha consegnato le chiavi della squadra puntando su un'Italia giovane e sfrontata e andando contro un mostro sacro come Fognini. Il quale, va detto, nella grande domenica dell'Italtennis ha conquistato il challenger di Valencia in finale su un altro vecchietto come lo spagnolo Roberto Bautista Agut. E se l'Italia avesse fallito la conquista dell'Insalatiera - magari perdendo il doppio - le polemiche avrebbero travolto tutto e tutti. Il rischio di Italia-Australia era proprio questo: gli aussies erano nettamente favoriti in doppio: Ebden e Pucell sono coppia collaudata che partecipa con grandi risultati a tutti i tornei più importanti. Il più anziano dei due (Ebden) è addirittura quarto del mondo nella classifica di specialità. Un eventuale incontro decisivo sull'1-1 non avrebbe visto Sinner e Sonego favoriti. Con Jannik costretto ad un'eventuale quarta partita nello spazio di 24 ore. Ma i fantasmi del duo nostalgia Bolelli-Fognini sono stati scacciati via da Matteo Arnaldi che ha fatto suo un incontro un po' sbilenco contro Alexei Popyrin. Due giocatori relativamente giovani (Matteo 22 anni, il suo avversario 24) vicinissimi nel ranking (44 e 40) e senza grande killer instinct. Un terzo set da brividi con l'italiano nato a Sanremo (come Fognini guarda caso) che ha dovuto salvare otto palle break. Di queste almeno la metà le ha sprecate banalmente il suo avversario. Ma tant'è. Arnaldi al decimo game ha sfruttato l'unica occasione a disposizione sul 30-40 per vincere game, set e match. Gianni Clerici avrebbe raccontato di una partita a "ciapa no", dove il peso della sconfitta per i due era quasi paralizzante. Ma Matteo alla fine ha trovato la forza per osare e conquistare il punto decisivo su quella chance. Non sarà mai un campione Arnaldi, ma l'Italia ha trovato un singolarista affidabile al di là delle lune di Musetti.
L'impresa di Arnaldi
Detto di Arnaldi, tutto il resto è Sinner. La Davis è importantissima per l'Italia e rappresenta un grande traguardo. L'Italia dopo quel trionfo del 1976 in Cile di finali ne aveva perse cinque. Quattro con i moschettieri guidati da Panatta e Barazzutti, una nel 1998 ad Assago con Gaudenzi costretto al ritiro contro la Svezia con i legamenti della spalla strappati. Altri tempi, Sinner e Arnaldi non erano nemmeno nati. Ora da Jannik ci si aspetta il salto di qualità finale: oltre le Atp Finals e la Davis c'è il tennis tre su cinque, ci sono gli Slam, ci sono Djokovic e probabilmente Alcaraz da battere. De Minaur nella partita finale è stato semplicemente spazzato via. Una formalità. Celebriamo la Sinner Cup e festeggiamo. Domani c'è l'Australian Open e la scalata alla prima posizione mondiale. Chi non ci crede vede un altro sport.