Maxi discarica di Riceci, la Regione: «Progetto incompatibile». Ma Aurora si appoggia a nuove norme

Maxi discarica di Riceci, la Regione: «Progetto incompatibile». Ma Aurora si appoggia a nuove norme
Maxi discarica di Riceci, la Regione: «Progetto incompatibile». Ma Aurora si appoggia a nuove norme
di Lorenzo Furlani
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Domenica 6 Agosto 2023, 03:50 - Ultimo aggiornamento: 12 Agosto, 20:21

PETRIANO - «Una discarica per rifiuti speciali non pericolosi a Riceci di Petriano è incompatibile con il piano regionale di gestione dei rifiuti». È questa in sostanza la posizione consolidata della Regione Marche riguardo all’insediamento richiesto nella piccola valle a forma di anfiteatro di Riceci, in vista di Urbino, di un impianto per smaltire 5 milioni di tonnellate di rifiuti produttivi.

Ma il progetto presentato all’ente Provincia per l’autorizzazione dalla società Aurora, partecipata da Marche Multiservizi, si basa sull’innovazione normativa introdotta dal decreto legislativo 116 del 2020 che, per certi versi, bypassa la pianificazione regionale del 2015. 

Business da 700 milioni

Tale progetto, infatti, ottimizza le norme del piano regionale, senza i relativi bilanciamenti, in funzione del business per lo smaltimento in 25 anni dei 4/5 dei rifiuti speciali non pericolosi prodotti nelle Marche, che genererebbe un formidabile volume di ricavi stimabile (alla tariffa attuale) in circa 700 milioni di euro.

Il corollario è il contratto da capogiro da 25 milioni di euro per l’acquisizione di Aurora, un’operazione anomala per il mancato intervento diretto in prima istanza di Marche Multiservizi e per l’assunzione, nella bolla speculativa creatasi, anche del rischio di impresa del partner, l’azienda Ecoservizi di San Marino, con il pagamento dei primi 2,9 milioni senza alcuna preventiva garanzia sul rilascio dell’autorizzazione.

Il progetto di Riceci, che ha mobilitato mezza provincia con vari comitati sulla spinta della protesta di Gallo di Petriano, è tutt’altro che accantonato. Infatti, se entro la fine dell’anno dai Comuni soci di Marche Multiservizi (la parte pubblica della proprietà dell'azienda dei servizi pesarese contraria al progetto) non arrivassero proposte di siti alternativi idonei si procederebbe con quella localizzazione, visti i vincoli contrattuali assunti. La Regione si è schierata contro questa scelta nelle sedi istituzionali e in atti ufficiali, con i pronunciamenti dell’assessore all’ambiente Stefano Aguzzi e i pareri degli uffici tecnici, coerenti tra loro.

La riforma legislativa

Ma il consiglio regionale non ha espresso sul caso un’interpretazione autentica delle norme del piano dei rifiuti, come peraltro aveva chiesto la stessa Provincia ai cui uffici compete la decisione sull’istanza di autorizzazione, in quanto secondo i dirigenti l’interpretazione si sarebbe risolta in una valutazione tecnico giuridica di una legge dello Stato (appunto il decreto legislativo 116/2020), che è preclusa formalmente all’ente.

Il dirigente Nardo Goffi, comunque, nella risposta all'interrogazione di Marta Ruggeri (M5S), ha sottolineato che sulla questione cruciale della distanza dai centri abitati (l’impianto sarebbe collocato a poco più di un chilometro da Gallo) vale l’interpretazione autentica della norma regionale già data alla Provincia di Ascoli Piceno.

Vale la risposta per Ascoli

In quell’atto si rileva che la distanza “può essere ridotta da metri 2.000 a metri 500 a condizione che l’autorizzazione alla realizzazione e/o esercizio dell’impianto di discarica preveda annualmente lo smaltimento di un quantitativo di rifiuti urbani non pericolosi prevalente rispetto al quantitativo di rifiuti speciali e la prescrizione per cui i rifiuti speciali non possano superare il 50% del totale dei rifiuti conferiti annualmente».

Il caso si genera, con l’innovazione normativa che ha modificato il codice dell’ambiente del 2006, non tanto per l’individuazione puntuale tra i rifiuti urbani delle tipologie e dei produttori dei rifiuti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici (articolo 183, ex assimilati agli urbani), quanto per la riformulazione residuale dei rifiuti speciali, ovvero di origine produttiva.

Sono definiti tali (articolo 184), infatti, i rifiuti prodotti nell’ambito di attività industriali, artigianali, commerciali e di servizio diversi dai rifiuti urbani.

Il tetto del 50% per gli speciali

Secondo Aurora questo significa che per tali attività esiste una nuova categoria propria di rifiuti urbani, ovvero i rifiuti urbani di provenienza non domestica bensì produttiva, che per la parte indifferenziata finirebbero nella discarica di Riceci. In base al progetto di Aurora, per integrare la norma regionale sulla distanza ridotta dal centro abitato di Gallo, concorrerebbero a superare le 100mila tonnellate di rifiuti urbani trattate ogni anno nella discarica, rispetto alle 200mila complessive, anche i residui della lavorazione per il recupero di questa particolare categoria produttiva di rifiuti urbani e delle frazioni differenziate dei rifiuti domestici.

La legge inequivocabilmente definisce questi residui da attività di recupero rifiuti speciali, però il piano regionale li computa insieme agli scarti domestici per calcolare il tetto dei rifiuti urbani su cui si misura il 50% degli speciali ammessi nelle discariche. Il dirigente della Regione Massimo Sbriscia ha precisato, in una nota inviata alla Provincia, che ciò può avvenire solo per le discariche strategiche programmate dall'autorità territoriale (Ata) nel piano d’ambito.

Ma il suo è un parere tecnico, non una norma. E non è neppure un’interpretazione autentica.

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