L'allarme della Cna: «Una impresa su 4 chiuderà i battenti entro quest’anno». Solo l’8,7% dei titolari pensa alla crescita

L'interno di un mobilificio, produzione tipica del Pesarese
L'interno di un mobilificio, produzione tipica del Pesarese
di Luigi Benelli
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Sabato 9 Gennaio 2021, 02:40 - Ultimo aggiornamento: 09:47

PESARO - I primi giorni dell’anno, decine di persone che si rivolgono ai sindacati per richiedere i sussidi della disoccupazione. E un’indagine Cna tra le piccole e medie imprese dice che un’azienda su quattro teme di chiudere nel 2021.

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E’ una fotografia a tinte fosche quella che emerge sull’economia della provincia di Pesaro. Secondo un’indagine condotta dal Centro studi Cna tra gli iscritti alla Confederazione dal titolo “Pensare a un futuro senza Covid. Le aspettative delle imprese per il 2021”, il 74,1% delle imprese immagina che la caduta del prodotto interno lordo tricolore registrata nel 2020 possa essere recuperata solo parzialmente nel 2021. 

Le opinioni
Il 23,1%, invece, è ottimista e crede che l’Italia sia in grado di riconquistare rapidamente i livelli pre-Covid. A fronte di un 32,9% complessivo di imprese che nel 2021 ritiene di crescere (l’8,7% presume un incremento sui risultati pre-Covid) o perlomeno di recuperare le perdite accumulate nel 2020 (24,2%), si erge un predominante 67,1% scarsamente o per nulla fiducioso nel breve periodo.

In particolare, il 40,1% delle imprese intervistate, dopo avere accusato un forte ridimensionamento nel 2020, è convinto che nel 2021 non tornerà ai livelli precedenti. E il residuo 27% ha addirittura paura di cessare l’attività nei prossimi mesi. Dati che trovano i primi riscontri nella realtà, come conferma Maurizio Andreolini, segretario Cisl: «Stiamo registrando situazioni diversificate nei settori. Ma se è vero che il blocco dei licenziamenti vale fino al 31 marzo, ci sono centinaia di contratti a tempo determinato che sono scaduti a fine 2020. E in questi giorni stiamo ricevendo persone su appuntamento che chiedono aiuto per poter aprire la Naspi e ricevere i soldi della disoccupazione. L’agenda e piena e ne abbiamo decine ogni giorno.

Soprattutto nel settore della ristorazione, ricettività e piccolo commercio. La preoccupazione è tanta perchè abbiamo riscontro di diverse piccole aziende, anche artigiane, di 4 o 5 dipendenti che sarebbero pronte a tagliare il personale dopo il 31 marzo. Licenziamenti che vanno a incidere sul mondo dell’occupazione». Quanto ai settori Andreolini individua «nell’edilizia spiragli di luce grazie agli ecobonus e bonus 110%. Navigano a vista meccanica, legno e servizi: qui serve la ripartenza dell’export. In generale speriamo che con i fondi europei si possano aprire cantieri che a cascata possano dare lavoro a tutti i comparti». Secondo Cna disaggregando tali dati per settore, la palma dell’ottimismo va al comparto edilizio (il 46,5% è orientato favorevolmente), seguito dal manifatturiero (36,2%). All’opposto, i settori a più accentuato timore di chiusura sono il turismo (43,5% del totale), il trasporto (33,3%) e i servizi per la persona (31,7%), comparti dove tre quarti e più delle imprese hanno subito danni economici gravissimi. 

Le strategie
Quali strategie le imprese propongono al governo per uscire dalla crisi? Il 36,4% delle imprese è dell’opinione di continuare lungo la strada della diversificazione delle zone a seconda della gravità della situazione sanitaria. Il 35,6% ritiene invece che, a questo punto, le ragioni dell’economia siano prioritarie e debbano essere evitati nuovi confinamenti. Infine il 78,7% delle imprese ritiene che il governo debba garantire un adeguato sostegno, una sorta di grido di dolore che supera il 90% nei servizi per le persone e sfiora tale quota nel turismo.

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