URBINO - Tutti assolti i quattro imputati nel processo per il caso di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione minorile, con due giovanissime ragazze coinvolte, a Pietrarubbia. Crollata tutta l’impalcatura di accuse che vedeva coinvolti presso il Tribunale di Urbino la madre delle due minorenni, Maria Cristea, per favoreggiamento, Hristova Vassileva indicata come tramite, e i potenziali clienti U. M. e J. O., ultrasessantenne il primo e ultrasettantenne il secondo. Non ci sono prove, i fatti non sussistono.
Gli unici condannati a più di due anni con richiesta risarcitoria per ciascuna delle due minori restano i due anziani, allora un 73enne e un 78enne, un imprenditore della zona ed un suo amico, che decisero nel 2019 di procedere con il rito abbreviato presso il Tribunale di Ancona. Solo questi due, secondo l’accusa, avrebbero usufruito delle prestazioni sessuali a pagamento, con adescamenti e palpeggiamenti, delle due ragazze che, all’epoca dei fatti, nel 2015, avevano 14 e 16 anni. Il Pm Ruggero Dicuonzo, nel settembre scorso, con il trasferimento del processo a Urbino, aveva chiesto al collegio, presieduto dal dottor Massimo Dipatria, sei anni per Hristova Vassileva (che secondo l’accusa faceva da tramite tra le minori e la pletora di anziani clienti) e sei anni per Maria Cristea, madre delle due ragazzine che, sempre secondo l’accusa, venivano indotte a offrire prestazioni sessuali in cambio di denaro e regalie. Era stata chiesta, sempre nel settembre scorso, l’assoluzione di U. M. e J. O. per insufficienza di prove: entrambi erano accusati di essere clienti. Non ci sono stati elementi per condannarli: per loro è emersa una completa estraneità dei fatti.
La mamma è stata assolta «giustamente – ha sottolineato l’avvocato difensore Carlo Scalpelli – perché il tribunale ha dichiarato che è estranea dai fatti e che già il verbale dell’incidente probatorio scagionerebbe entrambi i genitori (il padre, irreperibile fino un mese fa, è appena rientrato in Italia e dovrà sottoporsi a udienza preliminare e a processo), perché le ragazze in quella sede avevano detto che se i genitori avessero saputo quello che stavano facendo si sarebbero arrabbiati.
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