«Noi, fantasmi del Covid. Nessuno ci fa i tamponi». Famiglia vaccinata ma positiva scrive ad Acquaroli: «Per il Green pass siamo sani»

La famiglia pesarese attende i tamponi da 10 giorni, foto tratta dal Web
La famiglia pesarese attende i tamponi da 10 giorni, foto tratta dal Web
di Gianluca Murgia
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Venerdì 10 Dicembre 2021, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 15:08

PESARO Si definiscono fantasmi del Covid, prigionieri dell’Asur, dimenticati da Dio ma non dai datori di lavoro. Sono vaccinati ma positivi con sintomi, fortunatamente lievi, in isolamento volontario in attesa che l’Asur certifichi la loro malattia con un tampone molecolare. È la storia di una famiglia pesarese costretta, da 10 giorni, agli arresti domiciliari di fatto per colpa di un cortocircuito burocratico che mette in luce, una volta di più, tutta la fragilità dell’attuale sistema. 

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Una fragilità che loro («Ma anche altri, abbiamo scoperto») stanno pagando in prima persona rimbalzando contro un quotidiano muro di gomma. Per dirne una: il loro Green pass, non aggiornato, in questi giorni di malattia avrebbe garantito comunque accesso a qualsiasi luogo ed evento. La famiglia, ora, minaccia denunce e intanto domenica ha scritto «al presidente Acquaroli ma nessuno ci ha risposto» spiega Alessandra, moglie di Paolo, mamma di Riccardo, 13 anni, e Nicolò di 5. Tutto è iniziato il 29 novembre con un positivo nella «classe di mio figlio Riccardo, alla scuola Leopardi». La normativa è chiara, con un solo positivo la classe può restare aperta: nel giro di poco se ne sono contagiati 8. «Tra cui mio figlio che si era vaccinato 4 giorni prima, così la preside ha attivato la dad. Io, con la doppia dose, ho avvertito i sintomi il giorno dopo: ho fatto il tampone a casa ed ero positiva, in farmacia ero negativa. Mio marito, doppia dose anche lui, ha avvertito sintomi il 4 dicembre: al test in farmacia era positivo».

La procedura dell’Asur dice che se si è in quarantena per contatto con un positivo ed emergono dei sintomi, si deve avvisare il proprio medico che provvederà a richiedere un tampone diagnostico. Il medico di famiglia per trasmettere il certificato di malattia all’Inps deve avere il referto di quel tampone molecolare effettuato dal Dipartimento di Prevenzione. «In 10 giorni l’Asur non ci ha mai contattati - racconta Alessandra - né per un tampone molecolare né mi ha mandato certificazione di quarantena che i nostri datori di lavoro aspettano da 10 giorni». La scuola, dopo il tampone zero fatto da suo figlio, ha segnalato il contagio il 30 novembre, idem la pediatra e, il giorno dopo, il medico di base della madre. Nessuna risposta, dopo altri 4 giorni, anche quando sono partite tre nuove segnalazioni dalla pediatra e dal medico. «Domenica abbiamo fatto l’ennesima segnalazione al numero verde». Risposte? Zero. «Mi hanno quasi trattato male, dicendomi: se nessuno vi ha chiamati chi vi ha messo in isolamento? È stata la mia dottoressa - risponde Alessandra - a mettermi in isolamento. Potevamo fregarcene, invece no». 

«Non vedo mio figlio dal 30 perché isolato in camera sua, io in camera del piccolo, l’unico senza sintomi, e mio marito in camera da letto. Ho la mondezza in casa da 9 giorni, 3 sacchi neri. Ho chiamato Aspes due volte: zero. Poi, ieri, ci hanno risposto che avevano appena ricevuto una segnalazione a nome di mio figlio. Dieci giorni dopo... Devo ringraziare la mia migliore amica che ci fa la spesa e la mette in ascensore. Sono passati due anni dalla prima ondata e ancora si lasciano le famiglie abbandonate a loro stesse. Potete vergognarvi? Cosa devo fare presidente Acquaroli? La mia positività non è stata accertata da Asur ma ancora oggi non ho recuperato olfatto e gusto. Il mio Green pass, però, è attivo: si rende conto che io posso fare quel che mi pare? Cosa che avrei potuto fare anche in questi giorni? Io ho rispettato le regole voi no. Per la disperazione volevo andare al Drive ma potrebbero denunciarmi perché non potrei uscire di casa». 

L’unica cosa che ha funzionato è stata l’Usca «contattata da mia madre per mio figlio Riccardo che non riusciva a respirare bene: il loro medico è venuto.

Mio figlio grande deve tornare a scuola, quello piccolo all’asilo e mio marito a lavoro, dato che il 31 ha il contratto in scadenza».

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