A processo per maltrattamenti, contro la moglie cita come testimone la sua amante

Il tribunale di Pesaro
Il tribunale di Pesaro
di Luigi Benelli
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Domenica 12 Settembre 2021, 06:50

PESARO - Aveva l’amante e non faceva nulla per nasconderla. Anzi l’avrebbe imposta alla ex e ora l’ha persino richiesta come teste nel processo. Si tratta di un processo che vede un 57enne di Pesaro accusato dei reati di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, lesioni. Tra gli insulti frasi come «Non vali nulla, non sei una donna, non sei brava a fare nulla, sparisci». Umiliazioni crescenti: «Non mi hai mai soddisfatto». Il tutto mentre lui aveva già l’amante.

Tutt’altro che un segreto, anzi ne avrebbe ostentato la presenza. Una presenza imposta con la minaccia di “togliere la figlia” alla signora. Un clima invivibile, una volta lui avrebbe staccato la televisione dal muro minacciando di tirarla contro la donna. Poi iniziò la pandemia.

La ricostruzione
«Di una come te non importa niente a nessuno, neppure se crepi di Covid» le avrebbe detto. Il matrimonio era al capolinea e lui si era trasferito dall’amante. Ma è in questo lasso di tempo che avrebbe continuato a perseguitare la ex. Atti persecutori tanto da far piombare la donna in uno stato d’ansia, costringendola a cambiare abitudini. Un giorno, per recuperare alcune cose, ha preso a picconate la porta del garage che non funzionava correttamente.

«Ti faccio vedere che succede, è solo l’inizio». Poi le botte in pancia, al viso e al naso tanto da spedire la donna in ospedale con una prognosi di 20 giorni.

Un’altra volta l’aveva sbattuta contro il muro più volte. La donna si è costituita parte civile tramite l’avvocatessa Pia Perricci che a titolo di risarcimento danni, ha richiesto 50mila euro per la madre e 50mila per la figlia. Il collegio ha ammesso 9 testi per parte. «Tra questi anche la sua amante, quella per il quale sostanzialmente maltrattava la moglie in quanto pretendeva che la moglie accettasse il menage a trois – spiega l’avvocatessa Perricci - Ha ammesso tutte le prove documentali presentate da me e dal pm inerenti fotografie delle lesioni al volto, dei danni, ed ulteriori certificati medici. Accade molto spesso che le donne confondono “il possesso” per amore, e quindi tollerino quel possesso, fino ad abituarsi e a non avere la forza di reagire. Non bisogna avere paura di denunciare perché nelle aule di un tribunale c’è sempre qualcuno pronto ad ascoltare, ad aiutare a rendere possibile quello che purtroppo la vittima vede come impossibile: ritornare ad essere una persona libera, serena e fiduciosa di se stessa. Purtroppo la mia cliente si è sentita nuovamente vittima: il suo ex marito vuole condurre in Tribunale per essere sentita come testimone la figlia di soli 11 anni, questo l’ha ferita profondamente perché non è mai una bella esperienza per un figlio essere coinvolto nelle vicissitudini familiari, ma ormai è una donna forte e fiduciosa nella giustizia».

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