Sversamenti e inquinamento: dopo il caporalato, nuovi guai per l'autolavaggio di Gabicce

Sversamenti e inquinamento: dopo il caporalato, nuovi guai per l'autolavaggio di Gabicce
Sversamenti e inquinamento: dopo il caporalato, nuovi guai per l'autolavaggio di Gabicce
di Luigi Benelli
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Mercoledì 8 Novembre 2023, 02:05 - Ultimo aggiornamento: 18:41

GABICCE - L’autolavaggio e gli sversamenti non a norma. Ieri la sentenza. Il caso riguarda un egiziano di 29 anni finito nella lente di ingrandimento della polizia locale di Gabicce per reati riguardanti rifiuti speciali e successivamente arrestato dai carabinieri del Nil per Caporalato.

Ieri in aula la testimonianza dell’ufficiale della polizia locale di Gabicce Salvatore Binanti che ha ripercorso quanto avvenuto nel febbraio 2022. Il focus era lo scarico delle acque. Da un primo accertamento svolto analizzando la documentazione cartacea depositata in Comune, l’impianto risultava essere a “ciclo chiuso” in quanto l’acqua utilizzata veniva filtrata, depurata e reimmessa nel ciclo di lavaggio per essere riutilizzata. Questa tipologia di autolavaggio non necessitava quindi di Autorizzazione Unica Ambientale (aua) rilasciata dal Suap. L’attività investigativa, svolta dall’ufficio di polizia giudiziaria della Polizia Locale di Gabicce Mare e Gradara ha fatto emergere però delle incongruenze rispetto allo stato di fatto. In primo luogo, l’enorme approvvigionamento idrico di quasi 350 metri cubi in un anno (pari al doppio del consumo medio di una famiglia di 4 persone) e successivamente la mancanza di documentazione attestante lo smaltimento dei fanghi di risulta dopo il trattamento delle acque. 

La sede fittizia


Oltre a ciò, l’attività risultava avere una sede fittizia in provincia di Perugia, cosa che ha portato a una segnalazione alla Camera di Commercio. Così l’egiziano era stato denunciato a piede libero per la gestione non autorizzato di rifiuti speciali del Testo Unico Ambientale. In quel frangente, si accettava anche che sia il titolare che i suoi due dipendenti, vivevano all’interno del locale ove avveniva il trattamento dei rifiuti, in condizioni igienico sanitarie pericolose. 
Così pochi mesi dopo i carabinieri del Nil di Pesaro, lo hanno arrestato per sfruttamento del lavoro (cosiddetto caporalato) con l’accusa di far lavorare i dipendenti, anche in nero, 12 ore al giorno a 3 euro l’ora.

Il pubblico ministero ha chiesto 2 mesi di arresto, ma il giudice lo ha condannato a 4.000 euro di ammenda e pagamento delle spese processuali. Il processo per caporalato si è chiuso con un patteggiato a 1 anno e 10 mesi. 

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