La politica nelle Marche è gestita da commissari: sono cinque e vengono tutti da fuori. Partiti senza identità? Sentite cosa dicono

Latini (Udc), Acquaroli (Fdi) e Mangialardi Pd): i tre grandi elettori del presidente della Repubblica
Latini (Udc), Acquaroli (Fdi) e Mangialardi Pd): i tre grandi elettori del presidente della Repubblica
di Maria Cristina Benedetti
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Venerdì 25 Marzo 2022, 03:35

ANCONA - Terra di conquista o di debolezza delle élite, le Marche. Cinque partiti su sei rappresentati in Regione sono commissariati. Restano fuori dalla logica dei leader pro-tempore scelti da Roma i 5 Stelle e due civiche. Feudo o fragilità, Maurizio Mangialardi va di mediazione. «Avrei indicato un altro tipo di percorso. Non ci siamo riusciti e il partito nazionale s’è occupato di noi. La nuova soluzione potrebbe tuttavia generare meno tensioni e offrire più spazio ai problemi della gente, dei giovani, delle imprese, del nostro futuro».

Il capogruppo Pd, ultimo in ordine di tempo a essersi piegato al volere capitolino, pensa positivo. «Oggi il gruppo consiliare lavora bene, come il sistema territoriale. Ripensiamoci come una federazione. Certo, avrei preferito arrivare al congresso unitario. Non è stato possibile? Voltiamo pagina, è inutile cercare le colpe e le responsabilità, che pure ci sono, e andiamo oltre quelle tensioni interne che sono state sempre all’origine dei nostri fallimenti». Il sollievo: «Tirar vai le candidature politiche del 2023 dal dibattito partitico». Un passaggio che verrà gestito dal nuovo commissario che, come tutti, arriva da fuori regione. Per il pugliese Alberto Losacco oggi sarà l’esordio sulla scena dei veleni. 


La forza 
Ribalta il teorema della debolezza fino a farne un punto di forza, Carlo Ciccioli. «Nessuna polemica. Sono stato il segretario regionale storico di Fratelli d’Italia, dal 2013 della fondazione all’estate 2021 con le candidature regionali. Noi viviamo ancora l’effetto post-elettorale». Dalla prospettiva di Palazzo Leopardi, il caposquadra targato Giorgia Meloni spiega i passaggi obbligati: «Abbiamo messo in campo una corazzata. I nomi più importanti sono stati sistemati nelle varie caselle delle istituzioni». Arriva a definire imprescindibile il loro commissario, Emanuele Prisco. «È una figura neutra che ci permette di concentrarci sull’azione di governo, per la prima volta dopo 50 anni. La transizione è un’operazione delicata da gestire.

Poter contare su una persona che aiuta ad assicurare gli equilibri interni è fondamentale».


Le ferite
Torna sul terreno delle fragilità, Renzo Marinelli. «Stiamo vivendo un momento particolare, complicato che si ripercuote anche sui partiti. Un sentire comune, di confusione generale». Il capogruppo leghista cerca lo squarcio di luce: «Dovremmo riuscire a riunirci di nuovo, a guardarci negli occhi. Altrimenti riorganizzarsi diventa difficile». Indica le ferite, ancora tutte aperte: «Così non è stato per via della pandemia e ora la guerra. Noi, poi, da sette anni viviamo le urgenze del terremoto e di chi il cratere lo abita». Allarga lo spettro: «Far parte di un governo ampio si traduce in posizioni che non sempre concordano, collimano». E allora ecco che Augusto Marchetti «è un punto di sintesi. Piena condivisione».
Parte da due considerazioni, Dino Latini. «Un esterno è sempre un segno di debolezza della nostra classe dirigente, che deve riappropriarsi del territorio». Parla per l’Udc che rappresenta, il presidente del Consiglio regionale: «Antonio Saccone? Sentiamo la sua presenza non l’assenza». Arriva alla riflessione. «Non credo nella fine dei partiti, nel loro crepuscolo. Molti esaltano il ruolo delle civiche. Lo leggo come un segnale della necessità di cambiare pelle, sono i cittadini a chiederlo, a rivendicarne un ruolo nuovo». 


L’unità 
Fila via senza strappi al motore, Jessica Marcozzi. «Nulla da dire. Per noi il commissario Francesco Battistoni va bene, è sempre stato legato alle Marche. Ha fatto tanto per Forza Italia: non è mai stata tanto unita». Le esce dal cuore: «Grazie». La sua è gratitudine pura: «Non è mai stato un handicap, nei momenti di difficoltà è stato fondamentale. Ognuno ha il suo ruolo e lui è una garanzia».

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