Vaiolo delle scimmie, il decalogo del dottor Giacometti su come difendersi e riconoscerlo: «Per fortuna non si trasmette come il Covid»

Vaiolo delle scimmie, il decalogo su come difendersi e riconoscerlo: «Per fortuna non si trasmette come il Covid»
Vaiolo delle scimmie, il decalogo su come difendersi e riconoscerlo: «Per fortuna non si trasmette come il Covid»
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Mercoledì 25 Maggio 2022, 02:45 - Ultimo aggiornamento: 09:33

Con l’aiuto di un esperto abbiamo cercato di fornire al lettore un vademecum sul vaiolo delle scimmie, l’agente patogeno che si sta propagando in Europa, Stati Uniti e Australia. Dal come riconoscerlo a come si trasmette, al tasso di mortalità di una malattia che, per fortuna, non contagia come il Coronavirus.

Il professor Andrea Giacometti , direttore della Clinica di Malattie Infettive, Parassitologia, Epatiti Croniche degli Ospedali Riuniti, risponde a dieci domande per capire come difendersi dal diffondersi in Europa, Stati Uniti e Australia del vaiolo delle scimmie

Come riconoscere il vaiolo delle scimmie?
«All’inizio compaiono sintomi come fosse una forte influenza: febbre, mal di testa, dolori muscolari, lombalgia, stanchezza, malessere generale. Poi appaiono le pustole».

Quanti sono i giorni di incubazione?
«Da a una a tre settimane prima che si manifestino le vescicole, un tempo simile a quello della varicella, anche se in quel caso è un herpes virus e non poxvirus, come in questa situazione.

Quelle lesioni cutanee si riempiono di liquido, prima limpido, poi purulento, fino a evolversi, in giorni o settimane, verso la crosta che talvolta lascia una cicatrice abbastanza evidente». 

Come si trasmette?
«Con il contatto, il che significa vicinanza stretta: la pelle della persona infetta contro la pelle o il sangue di chi viene contagiato. Ma anche aderenza con le mucose, genitali o orali, con la saliva. Però, per fortuna, questo virus non è trasmissibile come il raffreddore, l’influenza o il Covid. Non bastano piccole goccioline. Un bacio prolungato può invece essere pericoloso».

 È una malattia ad alto tasso di mortalità?
«No, molto, molto basso. L’1% o poco più, a seconda delle zone, ma parliamo dell’Africa equatoriale dove le cure non sono le stesse dei Paesi occidentali. Nei casi attualmente presenti in Europa, Stati Uniti e Australia nessuno è deceduto. C’è stata un’epidemia di vaiolo della scimmia, per animali importanti, nel 2003 negli States e in Canada e pure allora non ha generato vittime. Nelle nazioni industrializzate la mortalità non dico che è allo 0%, ma si avvicina a quel valore. In Africa si arriva all’1% o poco più». 

Chi rischia di più?
«I giovani. Perché fino al 1981 il vaccino anti-vaiolo era obbligatorio. Quell’immunoprofilassi protegge, sembra, all’85% e forse oltre. In pratica, quelli della mia età sarebbero coperti, i non vaccinati sono più esposti».

La cura?
«In realtà non ne esiste una specifica, ci sono dei farmaci antivirali generici che forse funzionano, ma non è sicuro, tipo la ribavirina». 

Cosa si deve fare se si sospetta di averlo contratto?
«Coprire subito le zone dove sono comparse le pustole. Ovviamente prima c’è la fase di malessere generale, in quel caso si deve chiamare il medico di base o il pediatra, nell’eventualità che il contagiato sia un bambino. Reputo opportuno mettere la mascherina, magari la chirurgica, poiché non sappiamo ancora di cosa siamo affetti. Se la malattia è sospetta verrà attivato un ricovero in un reparto di isolamento, in malattie infettive o in dermatologia. Questa patologia va inquadrata bene. Non siamo ancora sicuri della sua diffusibilità e della sua evoluzione». 

Il rischio che possa diventare un nuovo Covid è molto alto?
«No, perché questo virus non ha la possibilità di diffondersi come il Coronavirus. Va considerato che il tasso di trasmissione del vaiolo della scimmia ha il parametro ritenuto importante in un’epidemia di una malattia infettiva, il cosiddetto R0, ovvero il “numero di riproduzione di base”, pari a 1». 

 Tradotto? 
«Un paziente ne può infettare un altro. Almeno al momento è così. La Sars-Cov 2, in particolare la variante Omicron, ha un R0 di 15, cioè il rapporto è pari a uno a 15. Tuttavia dobbiamo stare all’erta, perché questo virus ha dimostrato di saper cambiare e non sappiamo bene come. Per questo tutti i pazienti, anche i casi sospetti, vanno isolati. Come fanno all’istituto Spallanzani di Roma. Fino a poche settimane fa, quando sono emersi i primi casi, il vaiolo della scimmia si trasmetteva solo da animale a uomo, per esempio tra i cacciatori, nei mercati, ma mai da uomo a uomo». 

Cos’è cambiato? 
«Ora gli scienziati hanno dimostrato che si trasmette anche da uomo a uomo, ma pare che sia passato anche da scimmie a roditori e da questi all’essere umano. C’è stato il salto di specie, anzi il doppio salto. Il virus è capace di mutarsi, si sta adattando a estendersi ad altri organismi. Quindi va sorvegliato bene per non fare errori. Ribadisco: secondo me non diventerà propagabile come il Coronavirus, tuttavia potrebbe divenire più contagioso rispetto a quello che è adesso. Per cui dobbiamo stare molto attenti».

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