ANCONA - Ma davvero Omicron fa molto meno male di Delta? L’irruzione sullo scenario della pandemia dell’ultima variante, molto più contagiosa delle altre, è osservata da autorevoli studiosi come il possibile inizio di una fase endemica di convivenza con il virus Sars-Cov-2, grazie proprio alla prevalenza di questa mutazione più trasmissibile ma meno patogenica.
«Omicron si è manifestato come un virus più diffusivo, ma che colpisce prevalentemente le vie aeree superiori, come naso e faringe, risparmiando in parte i bronchi e i polmoni, dove si generano le patologie più gravi», ha scritto di recente sul sito della sua Università il professor Massimo Clementi, originario di Jesi, docente alla Vita-Salute San Raffaele di Milano e Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all’Ospedale San Raffaele.
La lista dei lutti
Fosse davvero così, capiterà sempre meno di frequente confrontarsi con bollettini dolorosi come quello diffuso ieri dalla Regione Marche, che registrava 11 decessi correlati all’epidemia di Coronavirus. La curva dei decessi sconta di solito un ritardo di 3-4 settimane rispetto a quella dei contagi e i morti di ieri si sono infettati per lo più nella prima metà di dicembre, quando ancora la variante Delta era diffusissima nelle Marche.
Ora Omicron invece ha praticamente soppiantato ogni altro ceppo di Sars-Cov-2 e l’effetto, combinato allo scudo dei vaccini, si vede già nel quotidiano dei reparti Covid. Alla Clinica di Malattie infettive di Torrette, diretta dal professor Andrea Giacometti, la situazione è sempre di intenso lavoro, ma i malati si presentano con patologie assai meno impegnative rispetto alle precedenti ondate. «Non so dire quanto ciò sia l’effetto di Omicron e quanto invece, penso moltissimo, incidano i vaccini - premette il professor Giacometti -. Il Laboratorio di Virologia sta provando con i reparti a fare uno studio comparato sulla differente patogenità della nuova variante rispetto a Delta, ma non è semplice, perché di pazienti Delta al momento ne rimangono ben pochi». Giacometti ha letto le valutazioni su Omicron del professor Guido Silvestri, lo scienziato senigalliese che dirige il Dipartimento Patologia generale e medicina di laboratorio alla Emory University di Atlanta, secondo cui in uno studio su 70.000 pazienti in California la riduzione della mortalità di Omicron rispetto a Delta arriva al 91%. «Sulla mortalità, non abbiamo ancora statistiche, ma posso confermare che la realtà clinica che osserviamo qui ogni giorno senz’altro nella direzione di forme di Covid in questa fase decisamente meno impegnative delle precedenti ondate.
Il turnover
Di sicuro, la situazione ora è meno pesante. «Mentre nelle altre ondate non passava giorno senza mandare almeno un paziente in terapia intensiva o senza vedere malati morire - ricorda il professor Giacometti - adesso l’ultimo paziente che abbiamo dovuto trasferire in terapia intensiva risale a 5 giorni fa». E anche la pressione dei nuovi ricoveri si è un po’ allentata. «Nelle precedenti fasi capitava spesso di avere i nostri 24 posti letto tutti occupati, adesso riusciamo a garantire il turnover trovando posto per 2-3 pazienti al giorno in arrivo dal pronto soccorso». E non tutti i degenti della Clinica Malattie Infettive sono ricoverati a causa del virus. «Sei di loro, un quarto del totale, sono risultati positivi al test all’ingresso in ospedale - spiega il direttore Giacometti -. Pazienti con un femore rotto, con l’appendicite o patologie oncologiche, che non sono qui per il Covid. Li abbiamo dovuti ricoverare noi solo per evitare che in altri reparti scoppiassero focolai».
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