Il pressing di Mariani e Clementoni con il sindaco Seri: «Confindustria ci ha snobbato? La meritocrazia può salvarci per valorizzare le competenze»

Il pressing di Mariani e Clementoni con il sindaco Seri: «Confindustria ci ha snobbato? La meritocrazia può salvarci per valorizzare le competenze»
Il pressing di Mariani e Clementoni con il sindaco Seri: «Confindustria ci ha snobbato? La meritocrazia può salvarci per valorizzare le competenze»
di Martina Marinangeli
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Domenica 24 Aprile 2022, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 5 Maggio, 16:31

ANCONA  - C’era una volta il “piccolo è bello”. Un modello che per decenni ha garantito alle Marche un ruolo di primo piano nel panorama nazionale. Poi il mondo è cambiato e la regione non è riuscita a stare al passo con i tempi, restando sempre più isolata. Negli anni ‘80, Vittorio Merloni guidava gli industriali italiani e, nei primi anni ‘90, suo fratello Francesco diventava ministro ai Lavori pubblici.

 

Da lì in poi, ha avuto luogo un lento declino che ci ha inesorabilmente escluso dalle posizioni di potere, fino ad arrivare alla contingenza attuale, con il rinnovo dei vertici di Confindustria nazionale che ha lasciato ancora una volta a bocca asciutta le Marche.


«Continuiamo ad avere difficoltà ad utilizzare la meritocrazia come metro vero di misura e valorizzazione delle migliori competenze che abbiamo, in Italia e nelle Marche – l’amara considerazione di Simone Mariani, ceo del Gruppo Sabelli che, finché è rimasta in vita, ha guidato Confindustria Centro Adriatico –. Ancora oggi, troppo spesso prevalgono personalismi o attenzioni a logiche di paese e situazioni particolaristiche. Si fa spesso fatica a guardare un po’ più avanti e ad essere davvero oggettivi e terzi nella valutazione delle persone. Si fa fatica a fare squadra per premiare e dare l’opportunità al “primus inter pares” di emergere». Mariani ha ben chiaro il paradigma da seguire: «Fare sistema sulle persone valide che abbiamo, cosa che vale sia per la politica che per i corpi intermedi. Abbiamo imprenditori di livello altissimo: discorso diverso è la capacità delle realtà associative di riuscire poi davvero a valorizzare queste risorse».


Amplia il raggio di osservazione Giovanni Clementoni, amministratore delegato dell’omonima società “che non ha mai smesso di giocare”, parafrasando il motto del fondatore Mario. «Ritengo che la situazione non sia solo relativa alle Marche, ma rappresenti un problema più generale.

L’associazionismo e la presa dei partiti a livello locale si sono molto indeboliti: da marchigiani, lo viviamo come un problema del nostro territorio, ma lo sento dire anche da persone al di fuori della nostra regione». Vero, ma la presenza della nostra regione nelle posizioni che contano latita con maggiore insistenza rispetto ad altre.

«Obiettivamente, le Marche sono poco rappresentate al momento – ammette Clementoni –, ma stiamo aspettando le elezioni Politiche che rimescoleranno la situazione partitica. Siamo una regione industriosa, dove ci sono tante persone intelligenti e molto integrate col territorio: le condizioni per tornare a ricoprire ruoli di peso ci sarebbero tutte». Dal mondo dell’impresa a quello della politica. «La mancata considerazione delle Marche nel turn over adottato dal presidente di Confindustria Bonomi nell’assegnazione di incarichi – osserva il sindaco di Fano Massimo Seri – è un altro elemento che ci deve far riflettere. Rischiamo di rimanere sempre più indietro. La stesso pericolo lo corriamo nella partita dell’arretramento ferroviario. Se continuano ad andare divisi, perderemo un’opportunità unica di sviluppo». 


Parola d’ordine: unità. «Si devono abbattere i muri che dividono le province ed alimentano la frammentazione. È il momento di arginare la contrapposizione tra Marche Nord e Marche Sud: siamo tutti dalla stessa parte. Anche in campo economico dobbiamo stringere un patto tra tutti gli attori, capace di superare le logiche campanilistiche a cui siamo stati abituati fino ad oggi. Purtroppo, non è più tempo del piccolo come sinonimo del bello. Le Marche sfruttino la forza della propria pluralità ripartendo da un gioco di squadra. Solo con una prospettiva unica torneremo ad essere protagonisti nel panorama nazionale».

 

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