Niente stangata sul biogas: maxi risarcimento negato. Accolto il ricorso di Regione Marche e Provincia di Ancona

In primo grado condannate a risarcire 12 milioni a Green Farm, che ora andrà in Cassazione

Niente stangata sul biogas: maxi risarcimento negato. Accolto il ricorso di Regione Marche e Provincia di Ancona
Niente stangata sul biogas: maxi risarcimento negato. ​Accolto il ricorso di Regione Marche e Provincia di Ancona
di Federica Serfilippi
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Martedì 26 Marzo 2024, 05:35 - Ultimo aggiornamento: 15:28

ANCONA I conti della Regione e della Provincia di Ancona sono (almeno per ora) salvi. I giudici della Corte d’Appello, sezione civile, hanno ribaltato la sentenza di primo grado, emessa dal tribunale dorico, che imponeva ai due enti pubblici di sborsare in solido 9 milioni e 620mila euro nei confronti della Green Farm di Guido Leopardi Dittajuti, titolare della società che a Osimo aveva realizzato un impianto di biogas.

La Green Farm aveva richiesto il risarcimento dei danni causati dai comportamenti della Regione Marche e della Provincia di Ancona relativamente ai procedimenti per le autorizzazioni dell’impianto, prima date e poi annullate.

Tra spese di lite, interessi e oneri di gestione dell’impianto il risarcimento ammontava a più di 12 milioni. Una cifra monstre soprattutto per la Provincia. La rilevanza dell’importo, stando ai conti dell’ente, sarebbe stata tale da determinarne il dissesto. Lo spauracchio è stato prima evitato con la sospensiva della Corte d’Appello e nei giorni scorsi con la sentenza che ha riformato il verdetto espresso nel novembre del 2021.

La ricostruzione

Il procedimento era stato incardinato dall’imprenditore, assistito dall’avvocato Riccardo Leonardi, per ottenere un risarcimento dei danni causati dalla disattivazione dell’impianto realizzato per produrre energia elettrica alimentata da fonti rinnovabili. Dal 2009 al 2012 erano state rilasciate le autorizzazioni in base alla legge regionale che escludeva la necessità di Via (Valutazione Impatto Ambientale), di cui poi però era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale. Il contenzioso era approdato prima al Tar Marche, poi al Consiglio di Stato, che nel febbraio 2014 aveva accolto il ricorso di alcuni privati. Alla fine l’autorizzazione unica era stata annullata e la società costretta a chiudere l’impianto. La Provincia, tra l’altro, aveva poi negato l’autorizzazione sulla base di una valutazione negativa di compatibilità ambientale (ritenuta non dovuta dall’azienda titolare dello stabilimento).

La preclusione

In primo grado, il tribunale di Ancona aveva concluso che «di fatto era stato precluso a Green Farm di esercitare la propria iniziativa imprenditoriale». E ancora, aveva rimarcato «l’assoluta mancanza di coerenza e correttezza nel complessivo comportamento tenuto dalla Regione e dalla Provincia nei confronti di un imprenditore». I comportamenti degli enti, inoltre, sarebbero stati in contrasto con le norme dell’Unione Europea. Diversa la visione della Corte d’Appello, secondo cui le condotte della pubblica amministrazione non avrebbero rappresentato «una violazione grave a manifesta» in base alle linee interpretative della Corte Europea. La normativa comunitaria di riferimento - e richiamata dalla sentenza di primo grado - indica soltanto i criteri per stabilire quando un progetto deve essere sottoposto ad un procedimento di screening, nel caso di specie l’iter del Via. «In definitiva - dice l’appello - sussisteva oggettiva e grave difficoltà di valutare se le disposizioni di diritto comunitario richiamate fossero direttamente applicabili e dunque si poneva l’alternativa se seguire le indicazioni del Consiglio di Stato o se rischiare una autonoma interpretazione della normativa comunitaria contraria a tali indicazioni». La Provincia è stata tutelata dagli avvocati Alessandro Lucchetti e Claudia Domizio, la Regione dai legali Pasquale De Bellis e Stefano Grassi. Da parte della Green Farm è scontato il ricorso in Cassazione.

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