ANCONA - «I dati confermano che nelle Marche la violenza sulla donna si sviluppa all’interno della vita domestica, del quotidiano familiare della donna. La relazione problematica si instaura in contesti affettivi di coppia, dove sia la donna che il maltrattante hanno un’età media (tra i 39 e i 58 anni) sono di nazionalità italiana, hanno un livello di istruzione medio alto e sono per lo più occupati in modo stabile. Spaccati di vita in cui troppo spesso vengono coinvolti i figli minorenni e/o adolescenti che diventano testimoni o destinatari delle violenze, riportando danni anche di ordine psicologico a lungo o medio termine».
LEGGI ANCHE:
Sono alcuni stralci delle conclusioni del rapporto sul fenomeno della violenza relativo allo scorso anno arrivato sui tavoli della giunta della regione lo scorso 10 novembre. Il rapporto fornisce un quadro di analisi del fenomeno della violenza sulle donne delineato a partire principalmente dai dati relativi all’utenza dei Centri antiviolenza che operano nelle cinque province e che sono i principali presidi che direttamente incontrano i bisogni delle vittime e che, pertanto, costituiscono degli osservatori qualificati per comprendere le caratteristiche emergenti del fenomeno.
Gli interventi e le attività in materia di violenza di genere sono gestiti dagli ambiti territoriali sociali capofila di Area Vasta. La rete dei servizi e delle strutture residenziali nelle Marche è composta da 5 centri antiviolenza (Cav) e 9 strutture residenziali. I Cav sono “Parla con noi” a Pesaro, “Donne e Giustizia” ad Ancona, “Sos Donna” a Macerata, “Percorsi Donna” a Fermo, “Dona con te” ad Ascoli. L’analisi numerica del fenomeno si concentra maggiormente nelle province di Ancona e Pesaro Urbino (rispettivamente 29,5% e 30,1%) e in minor misura nei restanti centri (Ascoli 13,2%; Fermo 12,3%; Macerata 14,9%).
Questo aspetto rende il fenomeno ancor più articolato e complesso poiché si allaccia alla grave problematica della violenza assistita da parte dei minori in famiglia. Tre donne su quattro sono italiane e hanno figli mentre il 10% dei casi preferisce non dettagliare la propria nazionalità. «Il fenomeno - spiega ancora nello studio - non riguarda gli individui meno istruiti e culturalmente più poveri, sia per la donna e come vedremo anche per l’uomo, ma si innesta in modo variabile in tutti gli strati di popolazione più o meno istruita attribuendo alla donna vittima di violenza un livello di istruzione medio utile a fornirle importanti risorse personali per poter reagire alla situazione». Il dato sui figlio consente di tratteggiare una situazione ancora più grave e complessa che inserisce il ruolo dei figli come parte rilevante all’interno del contesto familiare violento e amplia i riflessi del fenomeno dei bambini e degli adolescenti in Italia sottoposti alla violenza quotidiana in famiglia.
I principali aspetti descrittivi, invece riguardanti l’uomo che ha perpetrato violenza nei confronti di una delle donne rivolte al centro antiviolenza nelle Marche nel 2019, consentono di definirne un profilo di età media (il 54% va da 39 a 58 anni), italiano, un livello di istruzione solido (diploma di scuola media superiore) e occupato in modo stabile. Insomma «un uomo tipicamente “normale”» annotano gli esperti e «in questo contesto la vittima riesce a reagire con maggior fatica alla violenza, poiché è più difficile essere credibile verso la società e spiegare al sistema sociale esterno i comportamenti persecutori e silenti di un uomo che in realtà non evidenzia una personalità particolare, anomala o problematica».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Utilità Contattaci
Logout