Il primario Giacometti segue la sperimentazione all’ospedale di Torrette: «Con gli anticorpi monoclonali un solo ricovero su 20 pazienti»

Andrea Giacometti, primario infettivologo a Torrette
Andrea Giacometti, primario infettivologo a Torrette
di Martina Marinangeli
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Domenica 18 Aprile 2021, 07:46 - Ultimo aggiornamento: 19 Aprile, 09:47

Dottor Andrea Giacometti, primario della Clinica di Malattie infettive dell’azienda Ospedali riuniti di Torrette, da circa un mese avete iniziato la sperimentazione con gli anticorpi monoclonali: state vedendo i primi risultati?


«L’obiettivo di questi anticorpi è evitare il ricovero, perciò è da questo che capiamo se la profilassi funziona. Di circa 20 persone che abbiamo trattato, solo una donna di 55 anni si è dovuta ricoverare. Quindi possiamo dire che le cose stanno andando bene. Anche perché i pazienti che vengono sottoposti a questa profilassi sono soggetti a rischio, fragili, con varie altre condizioni. È però difficile dire quanti ne sarebbero stati ricoverati senza le infusioni dei monoclonali».

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Qual è l’età media delle persone che avete trattato? 
«Tra i 65 ed i 70 anni, nel 60% dei casi uomini.

Tutti con altre patologie: in particolare, grave obesità e diabete».


Facendo tutti gli scongiuri del caso, se dovesse esserci una quarta ondata, potrebbero essere una risposta?
«Difficile rispondere. Se le vaccinazioni procedono spedite, i monoclonali non serviranno più. Inoltre, questi anticorpi sono calibrati sulla proteina spike del ceppo della prima ondata: se dovesse farsi strada una variante molto diversa, andrebbero aggiornati».


Sulla variante inglese, però, funzionano.
«Come per il vaccino, all’80% sì. A Torrette ormai abbiamo solo casi di variante inglese e, con un solo ricovero su 20 pazienti, vuol dire che funzionano».


Venti pazienti in un mese circa non sono pochi? 
«Tutte le richieste che ci arrivano dai medici di base e dalle Usca vengono evase in un paio di giorni. Per ora, le richieste sono state queste».


Vi aspettavate numeri maggiori?
«Sì, ci aspettavamo numeri più alti. Anzi, un po’ temevamo l’ondata di richieste».


Come mai, secondo lei, non c’è stata la corsa ai monoclonali?
«Il medico di base cerca, giustamente, di evitare i ricoveri e l’affollamento nei Pronto soccorso, gestendo il paziente a domicilio il più a lungo possibile. D’altro canto, però, se l’anticorpo viene richiesto a troppi giorni di distanza dall’inizio della malattia, non funziona più perché il virus si è già diffuso nei vari organi. Va inoltre considerato che la curva del contagio è molto migliorata: forse è anche per questo che adesso arrivano pochi pazienti per questa profilassi».


In più, c’è una campagna vaccinale in corso che fa da sponda.
«Esatto. Tra i soggetti fragili che, più di tutti, avrebbero dovuto giovarsi degli anticorpi, ci sono gli over 65. Ora che molti anziani sono stati vaccinati, probabilmente anche il medico di base non vede più tutta questa urgenza».

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