Inchiesta alluvione, nel mirino del pm i piani comunali: «Difese non aggiornate contro il rischio meteo»

Inchiesta alluvione, nel mirino del pm i piani comunali: «Difese non aggiornate contro il rischio meteo»
Inchiesta alluvione, nel mirino del pm i piani comunali: «Difese non aggiornate contro il rischio meteo»
di Lorenzo Sconocchini
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Venerdì 3 Novembre 2023, 03:50 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 10:04

ANCONA - Il clima cambia così rapidamente che richiede risposte veloci in termini di capacità di adattamento e resilienza. E restare indietro con gli strumenti di prevenzione del rischio meteo, può esporre a pericoli in caso di eventi estremi. È uno dei temi affrontati nell’inchiesta sull’alluvione-killer del 15 settembre 2022, che ha seminato morte e devastazione nel bacino idrografico del Misa e del Nevola. Negli inviti a comparire notificati proprio in questi ultimi giorni a 14 indagati per cooperazione in omicidio colposo plurimo (sei sindaci della vallata, sei funzionari della Protezione civile regionale e due dei vigili del fuoco) non a caso viene contestato, tra altre presunte omissioni, il mancato aggiornamento di alcuni strumenti previsti da norme e delibere nazionali e regionali in materia di protezione civile. 


L’informativa dei carabinieri


Lacune evidenziate nell’informativa di circa 200 pagine inviata nel febbraio scorso dai carabinieri forestali del Gruppo Ancona, che hanno indagato insieme ai colleghi del Nucleo investigativo dell’Arma, alla procura dorica.

Da Ancona poi il fascicolo - in cui si ipotizzano i reati di inondazione colposa e omicidio colposo plurimo - è passato alla Procura dell’Aquila, per la presenza tra i danneggiati dalle esondazioni di un magistrato in servizio nel tribunale dorico. 


Ai sindaci dei comuni più a monte della Valmisa (Arcevia e Serra de’ Conti), quelli che avrebbero dovuto per primi monitorare il livello dei fiumi e dare l’allarme, negli avvisi di garanzia viene contestata ad esempio la violazione di una delibera di giunta regionale del giugno 2019 perché omettevano, «di aggiornare il piano comunale di Protezione civile alle norme vigenti, pregiudicando gravemente la funzionalità del sistema di protezione civile comunale». Il piano del comune di Arcevia risulta approvato il 21 dicembre 2012, ma anche molti altri comuni non erano in regola con gli aggiornamenti biennali. Tanto che a un altro indagato - il funzionario della Protezione civile Pierpaolo Tiberi - il pm Fabio Picuti rimprovera di aver omesso di verificare l’aggiornamento dei piani di protezione civile dei comuni della Valmisa.


Causa ed effetto


Tutto ancora da dimostrare, a livello di responsabilità penali dei sindaci, il rapporto di causa ed effetto tra il mancato aggiornamento dei piani comunali di protezione civile e la morte delle persone travolte dallo tsunami di acqua e fango. Il sindaco di Arcevia ricordava di «aver fatto tutto il possibile», in un territorio investito da un nubifragio eccezionale. «Non era stata diramata l’allerta e nessuno ci aveva avvisato, anzi sono stato proprio io a dare l’allarme», è la l’autodifesa di Dario Perticaroli, che come gli altri indagati avrà modo di provare a discolparsi già nelle prossime settimane, negli interrogatori fissati presso il Comando dei carabinieri forestali di Ancona. 
Non è un caso però - vista la sensibilità particolare maturata dopo l’alluvione del maggio 2014, tuttora oggetto di un processo proprio al tribunale dell’Aquila - che tra i pochi comuni passati del tutto indenni attraverso le accuratissime verifiche della polizia giudiziaria, ci sia quello di Senigallia, che pure ha pianto una delle 13 vittime. L’anziano di quasi 90 anni sorpreso in auto purtroppo dalla piena del Misa a Bettolelle era in strada alle 22 e 35, quando già il sindaco di Senigallia Massimo Olivetti aveva fatto scattare tutti gli allarmi possibili e i vigili del fuoco, con un coraggio ai limiti dell’eroismo, avevano soccorso dei residenti con i gommoni da rafting. Per questo Olivetti non è indagato: i piani di prevenzione di Senigallia sono parsi agli investigatori un modello da imitare. 


Il rischio di frane e alluvioni


Un altro mancato aggiornamento, secondo la Procura aquilana, riguarda le procedure di allertamento di protezione civile regionale, che non risultano allineate alla nota del capodipartimento della Protezione civile nazionale del febbraio 2016, che dettava indicazioni operative su metodi e criteri del sistema di allertamento nazionale per il rischio meteo idrogeologico e idraulico (frane e alluvioni). Al dirigente della Protezione civile regionale Stefano Stefoni, e al suo predecessore David Piccinini, si rimprovera di aver omesso di individuare, per prevenire i pericoli legati ai temporali, «una procedura di allertamento non previsionale, basata sulle soglie idrometriche e pluviometriche, idonea ad attivare tutte le componenti comunali di protezione civile del bacino del Misa». Regione Marche è già corsa ai ripari, attivando anche una rete di pluviometri per migliorare il monitoraggio dei fiumi. 
 

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