ANCONA - Aprile, mese di semina della lenticchia. Un mese importante per le Marche, seconda regione produttrice in Italia. Un legume trendy, in crescita per ragioni salutistiche ed ambientali. È povera di grassi, ricca di fibre, un’ottima fonte di proteine vegetali e, abbinata a cereali, vale quanto la carne.
Ma più di tutto ha una ridotta impronta idrica (produrre 1kg di lenticchie richiede 50 litri di acqua mentre 1kg di carne di manzo necessita di 13mila) e migliora la qualità del terreno (le radici fissano l’azoto preso dall’atmosfera).
Con 1.122 ettari coltivati, le Marche rappresentano quasi il 20% della superficie agricola coltivata a lenticchia in Italia (5.710 ettari) e produce 12.322 quintali (l’Umbria è a quota 14.700).
Made in Marche
Nel 2021, l’82% del made in Marche (10.140 quintali) è stato raccolto nel Pesarese (869 ettari), sopratutto di agricoltura biologica.
Nuovo miscuglio
Resa confermata da Bruno Sebastianelli, presidente della cooperativa biologica di Piticchio d’Arcevia “La Terra e il Cielo”. «Nei nostri 20 ettari l’anno scorso abbiamo raccolto solo quanto basta per riseminare». Affronta il problema con i genetisti ascolani di fama internazionale Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando con “la lenticchia evolutiva”. Lavorano con l’International Center for Agricultural Research in the Dry Areas (Icarda) e hanno ottenuto straordinari risultati con il frumento duro (mescolando 700 tipi diversi) e quello tenero (2.000 tipi). Il noto Miscuglio d’Aleppo. «Una popolazione evolutiva - spiegano - non è altro che una mescolanza di tantissime varietà diverse della stessa specie. Si tratta di miglioramento genetico partecipativo-evolutivo, perché la coltivazione si salva meglio da malattie, erbe infestanti nuove, cambiamenti climatici perché una parte riuscirà sempre a cavarsela».