Per le lenticchie sono i giorni della semina: una spinta a crescere. Ecco dove le produzioni delle Marche sono al top

Le lenticchie sono un legume prelibato e sano
Le lenticchie sono un legume prelibato e sano
di Véronique Angeletti
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Giovedì 7 Aprile 2022, 04:40 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 23:05

ANCONA - Aprile, mese di semina della lenticchia. Un mese importante per le Marche, seconda regione produttrice in Italia. Un legume trendy, in crescita per ragioni salutistiche ed ambientali. È povera di grassi, ricca di fibre, un’ottima fonte di proteine vegetali e, abbinata a cereali, vale quanto la carne.

Ma più di tutto ha una ridotta impronta idrica (produrre 1kg di lenticchie richiede 50 litri di acqua mentre 1kg di carne di manzo necessita di 13mila) e migliora la qualità del terreno (le radici fissano l’azoto preso dall’atmosfera).

 

Con 1.122 ettari coltivati, le Marche rappresentano quasi il 20% della superficie agricola coltivata a lenticchia in Italia (5.710 ettari) e produce 12.322 quintali (l’Umbria è a quota 14.700). 


Made in Marche 
Nel 2021, l’82% del made in Marche (10.140 quintali) è stato raccolto nel Pesarese (869 ettari), sopratutto di agricoltura biologica.

Mentre nell’altopiano Maceratese sono 205 ettari (18% degli ettari marchigiani) dedicati alla leguminosa con una produzione di 1.524 quintali, il 12% del volume regionale. Dall’altra parte, in Umbria, c’è Colfiorito, al top della produzione nazionale. Il merito di aver rimesso in auge la lenticchia nel Pesarese è del Consorzio Terrebio di Urbino, quasi 25 anni fa. Raggruppa un’ottantina di imprese ed è a capo di decine di contratti di coltivazioni che, ogni anno, destinano circa 600 ettari alla leguminosa. Riforniscono il mercato di lenticchie gialle, rosse, verdi e quelle di montagna in pacchi da 500 gr e in sacchi da 25 chili per l’ingrosso, anche decorticate. «Non è un legume facile da coltivare – sostiene il presidente Maurizio Gambini, attualmente anche sindaco di Urbino – e la sua lavorazione ha richiesto non pochi investimenti». Servono macchinari specifici per la raccolta (la pianta è alta 15-20 cm), selezionatori ottici per un prodotto senza difetto, impianti di asciugatura con scambiatori di calore per non alterare il sapore e che, da 2 o 3 anni, il prezzo sta ripagando l’agricoltore dello sforzo. Per anni valeva 70 centesimi il kg, oggi sfiora 1,20 euro. Gambini inoltre ricorda che si tratta di una coltivazione fondamentale per le rotazioni colturali ma nonostante tutti i suoi pregi l’agricoltore esita a piantarla. «Nelle sue scelte colturali, è influenzato dal problema dei cinghiali che, ghiotti di legumi, distruggono i campi e, poi, nonostante sia una pianta resistente, subisce il cambiamento climatico ed è vittima della siccità. Quest’anno la resa è stata della metà, 8-10 quintali all’ettaro».


Nuovo miscuglio
Resa confermata da Bruno Sebastianelli, presidente della cooperativa biologica di Piticchio d’Arcevia “La Terra e il Cielo”. «Nei nostri 20 ettari l’anno scorso abbiamo raccolto solo quanto basta per riseminare». Affronta il problema con i genetisti ascolani di fama internazionale Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando con “la lenticchia evolutiva”. Lavorano con l’International Center for Agricultural Research in the Dry Areas (Icarda) e hanno ottenuto straordinari risultati con il frumento duro (mescolando 700 tipi diversi) e quello tenero (2.000 tipi). Il noto Miscuglio d’Aleppo. «Una popolazione evolutiva - spiegano - non è altro che una mescolanza di tantissime varietà diverse della stessa specie. Si tratta di miglioramento genetico partecipativo-evolutivo, perché la coltivazione si salva meglio da malattie, erbe infestanti nuove, cambiamenti climatici perché una parte riuscirà sempre a cavarsela». 

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