Malaventura e il coronavirus: «Un incubo lungo 55 giorni. E sei mesi dopo ancora non mi sono ripreso»

Malaventura e il coronavirus: «Un incubo lungo 55 giorni. E se mesi dopo ancora non mi sono ripreso»
Malaventura e il coronavirus: «Un incubo lungo 55 giorni. E se mesi dopo ancora non mi sono ripreso»
di Maria Teresa Bianciardi
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Mercoledì 7 Ottobre 2020, 12:18

PESARO - «Ciao a tutti, sono in ospedale con una polmonite, attaccato all’ossigeno. Qui sembra essere in guerra».

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È domenica 15 marzo e Matteo Malaventura, 21 stagioni nella pallacanestro professionistica, trova la forza di digitare sullo smartphone un messaggio che lascia a tutti i suoi amici di Facebook. Dal giorno prima è stato ricoverato a Pesaro, dopo una settimana trascorsa in casa con febbre, mal di gola, tosse e una spossatezza inedita per lui, un metro e 95 di altezza mixato a un fisico atletico e decisamente robusto.
 
Che però, all’improvviso, ha ceduto all’aggressione del Coronavirus come fosse un gigante d’argilla. «Non ci potevo credere di essere stato contagiato», racconta Matteo oggi, a sei mesi dal primo tampone positivo. «È stata dura, a tratti durissima, e ancora adesso non mi sento al 100 per cento». 
Il contagio
È una sensazione difficile da descrivere: come se il virus, andandosene, non lo avesse abbandonato del tutto. «Eppure io ero uno di quelli che pensava al Covid come a una influenza che arriva, ti debilita un po’, ma poi se ne va. Credevo anche al fattore età: a 41 anni non ero nel range dei potenzialmente a rischio. E invece». Invece il 7 marzo scorso il primo, preoccupante, campanello d’allarme. «È cominciato tutto con la febbre - ricorda -, poi la situazione è degenerata. Il venerdì successivo mi hanno fatto il tampone e dopo qualche ora ho avuto una crisi respiratoria che mi ha costretto al ricovero». Durante il trasporto in ospedale aveva in testa solo una cosa: «Ho chiesto ripetutamente di fare il tampone a tutta la mia famiglia: durante quella settimana eravamo tutti a casa, temevo che anche loro potessero essere contagiati. Era un pensiero fisso. Come è andata? Nessuno si è presentato per effettuare il test, se non dopo 40 giorni, quando ho iniziato il mio percorso guariti. Ed è venuto fuori che entrambi i figli erano entrati in contatto con il virus». 
Il ricovero
Dei 55 giorni da paziente Covid, Matteo Malaventura, non dimenticherà mai il periodo trascorso in ospedale. «Il pronto soccorso e i reparti erano pieni di pazienti che presentavano gli stessi miei sintomi: era una situazione quasi irreale, con i sanitari completamente protetti da camici, guanti e mascherine. Si vedevano solo gli occhi e nelle ore più difficili, quando mi hanno attaccato all’ossigeno, mi aggrappavo al loro sguardo per capire se ce l’avrei fatta». Anche Malaventura era tra le migliaia di appassionati che dal 13 al 16 febbraio hanno riempito il Palasport di Pesaro per le Final Eight di basket e proprio quella manifestazione - che ha attirato in città tantissimi tifosi dal nord Italia - è stata considerata il veicolo primario del Covid nella provincia che poi è diventata l’unica zona rossa delle Marche. «Ho partecipato a tutti e quattro giorni dell’evento, mi sono ammalato il 7 marzo quando erano trascorse più di tre settimane. Non so dire con certezza se sono stato contagiato lì, ma poco importa ormai». L’importante è che adesso Matteo Malaventura possa raccontarla tirando un sospiro di sollievo, dopo avere comunicato la sua felicità attraverso un altro post. È il 3 maggio e nella foto abbraccia sorridente tutta la famiglia: «Sono stati mesi molto difficili ma la sensazione che provo in questo momento me li ha fatti quasi dimenticare». Con il test sierologico ha saputo di avere gli anticorpi al Covid: «Anche molto alti, mi hanno detto.

Ma sto pensando di ripetere il test, per avere la certezza di esserne davvero fuori. C’è chi dice che passato un certo periodo si potrebbe contrarre ancora il virus. Non è scientificamente provato, è vero, ma questa idea mi fa ancora paura».

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