MACERATA - Seimila euro in contanti per ottenere un contratto di lavoro, anche fittizio, e regolarizzare la propria posizione sul territorio nazionale. È quanto avrebbero pagato diversi extracomunitari a un imprenditore agricolo pakistano e, pur di sanare la propria posizione, in tanti sarebbero arrivati nel Maceratese da varie parti d’Italia.
Ora la Procura di Macerata, raccolti sufficienti elementi a carico dell’uomo grazie alle indagini eseguite dai carabinieri del Nil di Macerata, ha chiuso le indagini contestando gli illeciti all’imprenditore.
L’attività d’indagine intrapresa è stata svolta dai carabinieri per la Tutela del Lavoro, Nucleo ispettorato del lavoro guidato dal maresciallo Martino Di Biase, nell’ambito di specifici controlli sulla procedura di sanatoria per gli immigrati (che ha come obiettivo l’emersione dei rapporti di lavoro irregolari e permette la regolarizzazione dei lavoratori stranieri secondo quanto previsto dal cosiddetto “decreto rilancio” del 2020) che hanno permesso di individuare numerose richieste di emersione presentate da un’azienda di servizi in agricoltura.
La circostanza che non è passata inosservata è stata che l’azienda era già sottoposta ad amministrazione giudiziaria per caporalato. Quindi i militari, sospettando che i molteplici contratti registrati e presentati fossero stati stipulati per consentire un illecito arricchimento del datore di lavoro, hanno deciso di approfondire i controlli. Ed è così che hanno constatato che il datore di lavoro avrebbe predisposto un’attività di mercato sommerso di permessi di soggiorno sfruttando la procedura della recente emersione. I militari hanno quindi accertato che gli stranieri erano stati costretti a pagare la somma di 6.000 euro per regolarizzare la loro posizione sul territorio nazionale.
In particolare la somma veniva consegnata, in contanti, al titolare dell’azienda che si occupava anche di formalizzare i contratti di lavoro, in alcuni casi fittizi perché gli stranieri non svolgevano alcuna attività lavorativa presso quella azienda. Il modus operandi ormai consolidato era noto anche fuori provincia in quanto vari stranieri, provenienti da varie zone d’Italia, si rivolgevano direttamente all’indagato, il quale stipulava con loro un formale contratto di lavoro, gli garantiva, dietro compenso, un posto letto all’interno di abitazioni insalubri o non agibili e utilizzava i lavoratori, privi di permesso di soggiorno, ma in fase di emersione, nei campi che si trovano nelle province di Macerata e Fermo sottoponendoli a gravi condizioni di sfruttamento.
Estremamente grave, per gli inquirenti, era la condizione a cui venivano sottoposti i lavoratori: percepivano la retribuzione economica ma sarebbero stati costretti a restituire gran parte dello stipendio.