Ligabue, spirito selvaggio e Pende tra realtà e sogno: i due artisti a confronto nella grande mostra di Fermo

Ligabue, spirito selvaggio e Pende tra realtà e sogno: i due artisti a confronto nella grande mostra di Fermo
Ligabue, spirito selvaggio e Pende tra realtà e sogno: i due artisti a confronto nella grande mostra di Fermo
di Chiara Morini
3 Minuti di Lettura
Martedì 2 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:04

Due mostre, due artisti, 80 opere esposte, 40 per ciascuna: da poco meno di un mese (e fino al 5 maggio prossimo) a palazzo dei Priori, è “Fermo. Il tempo delle mostre”. Si parte con “Spiriti selvaggi. Antonio Ligabue e l’eterna caccia”, negli spazi della sala dei Ritratti e poi, accanto, c’è “Giuseppe Pende. Realtà, sogno e visione”. Entrambe le mostre sono curate da Vittorio Sgarbi, quella su Ligabue anche da Marzio Dall’Acqua.

Tra animali e paesaggi

Animali selvaggi, paesaggi, ritratti sono il cuore dei dipinti di Ligabue esposti a Fermo. Tra le opere ve ne sono due inedite, il “Volpino”, un olio su tavola di faesite dipinto tra il 1956 e il 1957, e l’“Aratura con buoi”, dipinto con olio su tela tra il 1959 e il 1961. C’è poi un’opera che non veniva esposta dal 2015: la “Vedova nera” del 1955, che dà l’immagine alla mostra. La mostra a lui dedicata presenta al centro la natura, dipinta da Ligabue e caratterizzata da una violenza implacabile, segno di una profonda inquietudine che l’artista riversava sulle sue opere. Il suo dolore esistenziale appare anche negli autoritratti, dai quali traspare un’intensa sensibilità che lui esprime nel quadro a gran voce e che dice molto di lui. E proprio con la pittura l’animo inquieto di Ligabue trova il suo riscatto e riesce a prendere voce. L’artista, scrive Dall’Acqua, «intuiva la lotta per la vita come momento fondante dell’esserci e dell’essere, nell’inquietante rapporto totale, definitivo, di sospensione tra vita e morte. Straordinario momento insieme quotidiano, nel senso che apparteneva ai possibili eventi di ogni giorno, in ogni latitudine e con qualsiasi vivente, che faceva parte costitutiva delle pulsioni di sopravvivenza».

In questa direzione vanno le belve feroci dipinte da Ligabue ed esposte dalla mostra fermana, belve che l’artista immagina nei boschi del Po.

La natura paradisiaca

C’è tanta natura anche nelle opere di Pende, che a Fermo fu pure docente dell’Istituto d’arte e che come artista, per sua scelta, rimase fuori dal mercato dell’arte. Sospese tra innovazione e tradizione e spesso in fuga verso l’immaginario, le opere di Pende mostrano una visione paradisiaca che l’artista aveva della natura, l’amore per il vero, la tendenza a rendere verosimili anche sogni fantastici. Elementi che si vedono nella quarantina di quadri esposti, a cominciare da “Con le pietre parlavo (variante)” (1992), un olio e pastello su masonite che è l’opera che dà l’immagine al manifesto, o “Fantasticheria” (1996) o ancora “Inno alla vita (ma tu che c’entri?)”, e molte altre ancora. «Pende – scrive Sgarbi – è un artista coltissimo che riflette sull’antico connubio tra arte e scienza, è un uomo eclettico dalla personalità prorompente, gioiosa e coinvolgente».

Il collegamento

Due artisti e due mostre, quindi, che sembrano una sola, che fanno vedere l’urgenza della propria espressione artistica. Ligabue, con la natura nella quale mette tutto il suo turbamento interiore e Pende, dice Sgarbi, che ha una visione, sempre della natura, «che vede come un luogo di espressione divina del creato».

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