Licenziati con un WhatsApp, sciopero alla Itaci di Grottazzolina. Arrivano le forze dell'ordine, la comunità pakistana chiamata alla mobilitazione

All’azienda Itaci (asian food made in Italy) sono intervenute le forze dell'ordine

Licenziati con un WhatsApp, sciopero alla Itaci di Grottazzolina. La comunità pakistana chiamata alla mobilitazione
Licenziati con un WhatsApp, sciopero alla Itaci di Grottazzolina. La comunità pakistana chiamata alla mobilitazione
di Marina Vita
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Martedì 7 Febbraio 2023, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 17:06

GROTTAZZOLINA - Mattinata di protesta ieri davanti all’azienda Itaci (asian food made in Italy) di Grottazzolina da parte dei 28 pakistani che vi sono impiegati con varie mansioni, tanto che il titolare ha chiesto anche l’intervento delle forze dell’ordine. Tutto è nato quando a Jamal Muhammad e Umair Ramzan, entrambi 30enni pakistani che prestano servizio da oltre 5 anni in questa azienda, è stato impedito di entrare in fabbrica con il relativo annuncio del licenziamento.


I dubbi


«Abbiamo lavorato fino a sabato sera e poi, con un WhatsApp, e non con una lettera di preavviso come da legge, ci è stato detto di non presentarci al lavoro il lunedì mattino perché eravamo licenziati. Noi siamo comunque andati per far valere le nostre ragioni, ma non ci hanno fatto entrare». Davanti a questa situazione e all’annuncio che di settimana in settimana ci sarebbero stati altri licenziamenti, la folta comunità pakistana impiegata alla Itaci si è compattata e si è rifiutata di prestare servizio, dando vita a uno sciopero e a una manifestazione di protesta per tutta la giornata. «Sciopero che andrà avanti anche domani (oggi, ndr) e comunque fin quando il titolare dell’azienda non accetterà di incontrarci e parlare con noi - sostengono -.

Anzi, a nostro supporto arriveranno altre centinaia di manifestanti».


La dinamica


Ma come e perché si è arrivati a tutto questo? Pare che la storia si inneschi da precedenti vertenze mosse all’azienda da alcuni di questi dipendenti pakistani, curati dall’avvocato Matteo Frinconi di Civitanova, che ieri pomeriggio era con loro davanti alla sede Itaci: si rivendicavano, fra l’altro, un regolare contratto di lavoro di 8 ore, che adesso c’è, e tutti i pagamenti, compresi gli straordinari. Inoltre, a detta di questi dipendenti, tutti di età intorno ai 30 anni e lontani da tanto tempo dalle loro famiglie, da qualche mese i rapporti con il titolare si sarebbero incrinati. «ll problema economico per noi è certamente importante - spiegano - perché se il Cud non tocca un certo minimo (6.079,45 euro nel 2022, ndr) non possiamo chiedere il ricongiungimento familiare. Ora però è venuto meno anche il rapporto umano. Ci sentiamo aggrediti verbalmente, trattati male, e in questo clima si vive male e diventa tutto più difficile. Quello che vogliamo è solo lavorare, anche tutte le ore che servono, però che queste ci vengano corrisposte regolarmente. Se poi il datore di lavoro ci spiegherà perché non andiamo più bene nel lavoro che facciamo da tanti anni e vorrà licenziarci, ne prenderemo atto e, anche se con grandi problemi cercheremo lavoro altrove». La Itaci è un’azienda fondata nel 2011 che produce prodotti etnici con la qualità del made in Italy e nel 2021 ha raggiunto un fatturato di 7.922.854 euro. Conta oltre 50 dipendenti, di cui 28 pakistani e i restanti cinesi e qualche italiano.

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