Nel capitolo lavoro era una delle misure-bandiera del programma di Fratelli d’Italia. E ora potrebbe debuttare già con la prossima legge di Bilancio. L’obiettivo, condensato nello slogan “Più assumi meno paghi” è favorire l’occupazione; lo strumento una maxi-deduzione che permetterà alle imprese di alleggerire i propri versamenti in corrispondenza degli effettivi incrementi di personale.
LA SPESA
La direzione di marcia è stata confermata da Giorgia Meloni negli interventi parlamentari di questa settimana.
In cima all’agenda c’è anche la riduzione del cuneo fiscale e contributivo. Più precisamente, il traguardo enunciato è un taglio di cinque punti dei contributi previdenziali, su un totale di 33 attualmente dovuti: 9,19 sono a carico del lavoratore, il restante 23,81 del datore di lavoro. A regime, i benefici dell’operazione andrebbero per un terzo all’impresa e per due terzi al lavoratore, che in questo modo vedrebbe incrementare il proprio netto in busta paga. Il progetto prevede che il beneficio sia limitato a coloro che hanno una retribuzione di 35 mila euro lordi, corrispondenti a poco meno di 2.700 euro mensili.
LA COPERTURA
Si tratta di una misura ambiziosa ma non irrealistica in termini di copertura finanziaria. Ai cinque punti in meno si arriverebbe comunque in modo graduale, quindi non nel 2023. Un primo passaggio consisterà con tutta probabilità nella conferma di quanto già previsto dal governo Draghi, ma solo in via transitoria. Nella prima metà dell’anno è stata infatti applicata, sempre con il tetto dei 35 mila euro annuali, una riduzione dello 0,8 per cento. A questo mini-taglio è stato poi aggiunto a partire da luglio (e anche per la tredicesima) un ulteriore 1,2 per cento, destinato a compensare l’impatto del caro-bollette sugli stipendi. Fino a fine anno il vantaggio è quindi pari a due punti, che con tutta probabilità il governo prorogherà, anche per evitare a gennaio uno “scalino”, di fatto una riduzione del compenso effettivo dei dipendenti.
Il menu della legge di bilancio comprende poi altre misure che nelle intenzioni dovrebbero essere efficaci per alleviare l’effetto dell’inflazione, pur senza comportare oneri particolarmente pesanti per il bilancio dello Stato. È il caso ad esempio dell’innalzamento della soglia sotto la quale le imprese possono erogare somme detassate ai propri dipendenti, o dell’ulteriore riduzione dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività. Infine si punta ad allargare l’elenco dei beni che hanno un’aliquota Iva agevolata al 5 per cento. Oggi rientrano in questa categoria soprattutto beni alimentari considerati di prima necessità, nell’immediato futuro verrebbero inclusi altri prodotti a partire da quelli per l’infanzia.
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