Secondo l’accusa costrinse la figlia di appena 7 anni a subire atti sessuali: ieri il Tribunale di Chieti ha condannato per violenza sessuale l’uomo, un quarantenne, a sette anni di reclusione, più le pene accessorie, e al risarcimento dei danni alle parti civili da liquidare in separato giudizio. Il pubblico ministero Marika Ponziani aveva chiesto la condanna a 12 anni. L’imputato, difeso dall’avvocato Paolo Conte, era in aula. Non c’era la madre della bambina, costituita parte civile e assistita dall’avvocato Antonello Peroglio.
Gli abusi sulla figlia
I fatti risalgono all’estate di cinque anni e precisamente ad agosto, un periodo di vacanza che la bambina sta trascorrendo con il padre, prima di tornare dalla madre. È quest’ultima che si rivolge ad una struttura che a sua volta segnala i fatti al Tribunale dei minori.
Secondo l’accusa, che la bambina abbia subito un abuso è pacifico e che indichi sia alla mamma che agli altri testimoni indiretti , attraverso i disegni e l’incidente probatorio, il padre quale autore dell’abuso è indiscutibile. «Non ho trovato alcun elemento significativo difensivo - ha detto la Pm - e non c’è un’alternativa in termini di autore, non ci sono altre figure alle quali la bambina abbia anche minimamente accennato». La difesa, dal canto suo aveva chiesto l’assoluzione. «Aspettiamo la motivazione - ha commentato l’avvocato Peroglio - ma mi pare di poter dire che pur trattandosi di un processo prettamente indiziario direi che è stato dato il giusto peso al racconto fornito dalla bambina che ha trovato numerosi riscontri nelle prove testimoniali».