SAN BENEDETTO - Non c’è solo il caro gasolio dietro lo sciopero che sta coinvolgendo anche il porto sambenedettese e che vedrà le barche da pesca dei moli nostrani ferme per tutta la settimana.
Il carburante che ha raggiunto e rischia di superare la quota di un euro al litro rappresenta la consistente punta di un iceberg carico di malcontento per le modalità sempre più stringenti del fermo pesca e per l’ulteriore surplus di ore che, da un paio di anni a questa parte, vengono aggiunte a quelle di stop già previste dal provvedimento estivo. Così, da ieri, anche i pescatori della Riviera delle Palme hanno incrociato le braccia e si sono fermati dopo aver inizialmente bocciato l’iniziativa.
Le remore
«La protesta ci sta tutta ed è sacrosanta - spiega Pietro Merlini, marittimo e delegato Coldiretti Impresa Pesca -.
Il supporto
I marittimi hanno chiesto supporto fattivo agli operatori del mercato: «Un supporto che abbiamo garantito - spiega Lorenzo Marinangeli -. Purtroppo venerdì, prima di venire a conoscenza di questo sciopero, abbiamo fatto un ordine di pesce proveniente da acquaculture. Dobbiamo smaltirlo, sarebbe uno spreco enorme non venderlo. Ma una volta venduto ci fermeremo anche noi». L’incontro di Roma di mercoledì rappresenterà un’importante chiave di volta per quanto riguarda la durata di questo sciopero. «Questo stop non ha un termine - spiega Pietro Ricci, marittimo del porto di San Benedetto - l’augurio è che possa durare una settimana e che domenica tutti possiamo tornare al lavoro. Ma da Roma devono arrivare risposte».