Commercio e Covid, il prezzo lo pagano anche i dipendenti: nove su dieci fuori dai negozi

San Benedetto, commercio e Covid, il prezzo lo pagano anche i dipendenti: nove su dieci fuori dai negozi
San Benedetto, commercio e Covid, il prezzo lo pagano anche i dipendenti: nove su dieci fuori dai negozi
di Laura Ripani
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Mercoledì 27 Gennaio 2021, 11:11 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 16:37

SAN BENEDETTO - Se si scorrono i dati del Comune di San Benedetto il Covid non sembra aver impattato troppo pesantemente sul commercio, la prima voce economica della città. Con 25 aziende chiuse nell’ultimo anno solare dunque il dato sembrerebbe fisiologico se non superiore alle aspettative visti i tempi.

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Ma è quando si entra nel merito, quando sono i commercianti a raccontare il dramma di questi mesi ecco che allora emergono tutte le difficoltà che poi finiscono inevitabilmente anche per ripercuotersi sui dipendenti.

La ristorazione

San Benedetto, storicamente, ha nei pubblici esercizi uno dei suoi punti di forza.

Peppe Talamonti, responsabile del settore per la Confesercenti racconta di una situazione drammatica. «Le perdite di fatturato sono nell’ordine di oltre il 60% e possono reggere soltanto le grandi strutture: i piccoli rischiano di essere spazzati via. Per attività che fino a oggi incassavano dai 15 ai 20mila euro al mese, ristori da 2-3 mila euro si capisce che sono un aiuto ma non bastano. Soprattutto perché attività come pub e ristornati che aprivano soprattutto di sera sono alla canna del gas. E non oso pensare cosa potrà succedere se non si avrà una certa immunità di gregge così da far riaprire le strutture». 

La proposta

«Su mia iniziativa - continua Talamonti - è stata portata alla giunta della Confesercenti e da questa al governo, la possibilità di fare somministrazione con tutte le cautele del caso ovviamente anche in zona arancione. Ma non abbiamo ricevuto risposte così come non si parla più delle discoteche che sembrano essere finite nel dimenticatoio. Io, ad esempio, avevo circa 65 dipendenti nella varie strutture. Oggi ne sono 40 e di questi lavora come prima solo il 10%: non ho potuto rinnovare alcuni contratti a termine e gli altri sono in cassa integrazione. È inconcepibile che anche lavorare, oggi, sia diventato un privilegio. Asporto e delivery servono a poco». Altro settore per il quale San Benedetto è punto di riferimento è l’abbigliamento. «Cerco di essere ottimista - aggiunge Perlita Colli presidente del settore per la Confcommercio -: ma se guardo che quest’anno abbiamo ricominciato a vendere le pantofole penso al fatto che i sambenedettesi trascorrono il tempo a casa. Tutti abbiamo guardaroba pieni di vestiti, borse e scarpe, se non si possono sfoggiare, se la maggior parte del tempo lo trascorriamo a casa, bastano tuta e pigiama. Io ho addirittura riconsegnato la licenza del nostro outlet Colli Poi e messo in affitto il locale. Devo dire che ci sono state anche 5 o 6 proposte serie per aprire attività di ristorazione ma poi tutti si sono tirati indietro aspettando tempi migliori. Anche a livello di ordinativi tutto è andato giù e quindi il danno si ripercuote a livello nazionale. La gente non viene più dai paesi vicini sia perché non può sia perché non trova neppure un caffè dove appoggiarsi e quindi il coprifuoco reale è già dopo le ore 18. Il centro è spettrale».

I tributi

«Solo il corso - chiude Colli -, ad esempio, domenica scorsa, era impraticabile per la tanta gente che passeggiava e forse andavano fatti maggiori controlli. Ma basta farsi un giro e i cartelli affittasi sono molto diffusi. Non ci sono aiuti, noi non abbiamo neppure prodotto rifiuti e dobbiamo pagare le tasse, le utenze e le bollette. Speriamo nei vaccini perché siamo davvero in difficoltà».

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