PARIGI Non riesce l’impresa dodici anni dopo. Arriva solo, per modo di dire, un argento condito dal nono podio azzurro nella storia. L'Italia del fioretto femminile non torna sul tetto del mondo e vede sfumare l'oro olimpico piegata dagli Stati Uniti 39-45 nella finale del Grand Palais. Come già avvenuto in Coppa del Mondo prima a Novi Sad poi al Cairo contro le Usa. Nel 2012 era Londra. Ieri sarebbe stata Parigi. Trait d'union di una love story già pronta per essere tramandata la capitana (e portabandiera insieme al nostro Gianmarco Tamberi) Arianna Errigo. Prima nella City, a proposito di Marche, con Valentina Vezzali, Elisa di Francisca e Ilaria Salvatori. Ora sotto la Tour Eiffel con Martina Favaretto, Francesca Palumbo e la jesina d'adozione Alice Volpi. Direttore d'orchestra, nel 2012 come nel 2024, il ct Stefano Cerioni. Jesi, il punto cardine. Cerioni, Vezzali, Di Francisca, la scuola leoncella del maestro Ezio Triccoli. Ma anche Alice Volpi, senese di nascita, che si allena da anni al glorioso Club Scherma Jesi. Orgogliosamente, a casa sua anche a 266 chilometri di distanza. Stavolta, però, gli dèi della scherma hanno scritto un altro finale. Amaro. Lasciando la scena - meritata - alle americane Jacqueline Dubrovich, Maia Weintraub, Lauren Scruggs e Lee Kiefer.
Finale in salita
Dopo le delusioni, e le polemiche, degli individuali dei giorni scorsi, l'Italia del fioretto fallisce la missione-vetta. Quella che le compete per storia e tradizione (vedi i trionfi a Londra 2012, Sydney 2000, Atlanta 1996, Barcellona 1992). Vittoria nettissima ai quarti contro l'Egitto, 45-14, qualche brivido in più in semifinale con il Giappone (45-39). Poi la finale, sotto gli occhi di un mostro sacro come Giovanna Trillini in tribuna (fa parte dello staff tecnico) sempre in salita. A rincorrere.
L’amarezza di Stefano
Questa volta non ci sono "You are crazy" o dita puntate all'indirizzo degli arbitri. Decisioni dubbie non se ne registrano. Cerioni, nonostante ciò, non si gode comunque quella che doveva essere la sua serata-riscatto. Lo fa solo parzialmente, centrando la prima medaglia parigina delle sue Olimpiadi. Ma non quella che voleva lui. Ci proverà con i maschi, sempre a squadre, nel fioretto di domenica affidandosi al tandem voglioso di rivincita Filippo Macchi-Tommaso Marini. Saprà che tasti toccare. Lui, classe 1964, vincente e campione di natura. Oro a Seul 1988 e Los Angeles 1984 (a squadre). Con tanto di Palma d'oro al Merito tecnico nel 2013 e Collare d'oro al merito sportivo nel 2015. «Purtroppo la vittoria è andata a loro - ha spiegato Cerioni, con un velo di dispiacere difficile da nascondere, davanti alle telecamere - Il punteggio alla fine non conta. Sono state positive, a volte non è il calcolo matematico delle stoccate che si danno o si ricevono: contano i momenti all’interno di una sfida. Oggi sono andate tutte bene. Negli errori sbagliamo tutti al di là del +1 o -1». Sul secondo posto - a Tokyo arrivò un bronzo - che certifica comunque un progresso e regala la sedicesima medaglia dei giochi olimpici: «L'argento è comunque una gran bella medaglia, siamo venuti come sempre per vincere l'oro, non ci siamo riusciti, ma l'importante è arrivarci e giocarsela. Abbiamo fatto qualche errore, sono state brave loro. E ci sta». Domani è un altro giorno. Parigi, per Cerioni, non è ancora finita.