L'attore Solfrizzi grande mattatore ne “Il malato immaginario”: «La supercazzola? L'ha inventata Molière»

L’attore Emilio Solfrizzi grande protagonista nella commedia “Il malato immaginario”
L’attore Emilio Solfrizzi grande protagonista nella commedia “Il malato immaginario”
di Chiara Morini
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Lunedì 24 Gennaio 2022, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 09:54

PESARO - Sei appuntamenti, da domani, martedì 25 gennaio, a domenica gennaio, con Emilio Solfrizzi, ne “Il malato immaginario”, che salirà sul palco del Teatro Sperimentale di Pesaro (info: 0721387548, sabato alle 19, domenica alle 17, gli altri giorni alle 21). La data di Civitanova, prevista per il 21 gennaio scorso e rinviata per una positività nel cast, verrà invece recuperata il prossimo 30 marzo.

 
Emilio Solfrizzi, quanto è attuale la storia di Molière?
«Molto attuale, e questo è dovuto alla magia di uno spettacolo che, pur avendo 350 anni, sembra che parli di oggi. La scorsa settimana poi abbiamo celebrato l’anniversario numero 400 della nascita dell’autore. In realtà dovrei dire incredibilmente attuale, perché Argante, il protagonista, ha più paura di morire che di vivere. Molière comunque parla di questo tema con grande ironia e dà nuove prospettive».


Difficile rappresentare, in questo periodo, una storia in cui il personaggio vuole raggirare la morte? 
«Noi attori dobbiamo servire la storia di Molière, poi il pubblico la legge nel modo che preferisce. L’autore ha scritto questo testo quando era malato, ma lui voleva vivere, sperava che i medici potessero salvarlo, magari incontrava sia ciarlatani che professionisti. Lui narra la storia con gli occhi di un ipocondriaco (Argante), che soffre per quello che non ha. Se hai qualcosa si affronta, ma se non hai nulla, è difficile anche solo pensare di affrontarlo. Così come nel caso di Argante: è un uomo depresso, alla base di una storia che parla di chi ha bisogno di persone che avallino la sua ipocondria».


Che messaggio può dare oggi questa storia?
«Non c’è un messaggio in realtà, Molière non voleva andare contro i medici, ma contro i ciarlatani che si approfittano di chi soffre: dei medici parla bene.

Secondo me è un inno alla scienza e alla verità».


Si sente che Molière le piace molto, ma quanto? 
«Difficile quantificare, amo Molière, è bellissimo. Lui è fatto per me e io mi trovo a mio agio con le sue opere: è una comicità che mi appartiene moltissimo. È strabiliante poi vedere come viene ripreso anche in altre circostanze». 


Un esempio?
«Ha presente la supercazzola di “Amici miei”? La frase originariamente è stata scritta da Molière, non so quanti lo sanno. Insisto, la comicità di Molière ci appartiene, ed è anche facile riconoscerla».


Ha curato la regia di “Buoni da Morire”, andato in scena a Matelica domenica scorsa: preferisce recitare o fare il regista? 
«Sono felicissimo di averlo portato in scena. Ho scoperto che adoro lavorare con gli attori, sia sul palco che fuori dal palco. In particolare mi piacciono i colleghi attori che ti permettono di lavorare e scoprire molto di loro stessi. E questo è stimolante, si scopre che si possono fare diversi lavori e ruoli con molta umanità».


Solfrizzi e le Marche?
«Per molti motivi capito spesso. Sono molto amico di Neri Marcorè, vengo spesso a Porto Sant’Elpidio. Morfologicamente le Marche sono una regione ancora intatta, i marchigiani hanno saputo preservarla, tenersi fuori dalle chiacchiere e quindi è meravigliosa. Poi ha il maggior numero di teatri di tradizione».

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