Briguglia incontra Buzzati in un viaggio esilarante e drammatico

L’attore venerdì a Monterubbiano: «Un testo che mette in mostra il maschilismo radicato in noi»

Paolo Briguglia
Paolo Briguglia
di Chiara Morini
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Mercoledì 14 Febbraio 2024, 06:50 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 08:57

MONTERUBBIANO «Un po’ più in là della tua solitudine c’è la persona che ami». La frase è tratta dal libro di Dino Buzzati “Un amore”, riadattato in forma di monologo da Alessandra Pizzi. Lo spettacolo, che ha lo stesso titolo del libro, è interpretato da Paolo Briguglia, volto noto di cinema, teatro e televisione e sarà in scena al Pagani di Monterubbiano, venerdì 16 febbraio alle ore 21,15 (info e prenotazioni 392 445 0125).

Paolo Briguglia, Antonio Dorigo sembra un personaggio complicato…

«Lo è, è complicato ma anche divertente farlo.

Buzzati smaschera sé stesso. Lo scenario è degli anni ‘60, in cui l’uomo faceva le sue esperienze sessuali o nel matrimonio o in un bordello. Antonio, a disagio, va in un bordello, e si lascia andare con sfumature anche romantiche. Però è un maschilista e con gli amici chiacchiera molto di questo. A un certo punto si innamora di una ragazza, peraltro minorenne, e lei lo sfrutta».

Che spettacolo deve aspettarsi il pubblico?

«Un viaggio allo stesso tempo esilarante e drammatico. Buzzati scrive il racconto in terza persona, “egli”, poi a un certo punto usa la prima. É un gioco moderno di “entri ed esci”, con prosa distaccata».

Ne parla con entusiasmo, le piace il testo?

«La regista, Alessandra Pizzi, la scorsa estate mi ha proposto due o tre letture. Qualche tempo dopo le ho proposto di farne un vero spettacolo. Eccomi qua, dopo aver imparato a memoria 50 pagine, molte più di quelle che si imparano di solito».

Cosa ci lascia il testo?
«Questo testo mette in mostra quanto maschilismo radicato c’è dentro di noi ed è una delle cose che emergono. Però poi c’è da dire anche che a volte la vera vita scorre nei luoghi dove non si penserebbe e che la vita di chi si trova a vivere in un primato intellettuale, a volte può anche essere vuota».

È per questo che bisogna vedere lo spettacolo?

«Perché c’è poesia dove non ti aspetti, per i motivi che ho detto poco fa. Tenevo a fare questo spettacolo dal vivo, perché arricchisce. Ammetto che prima di lavorarci non conoscevo il testo, poi ho scoperto che è molto letto e tra i commenti nel web anche molto apprezzato».

Quanto ha sentito scoccare la scintilla per il lavoro di attore?

«È successo al liceo. Io ero un ragazzo come tanti, strimpellavo la chitarra, facevo sport, uscivo con gli amici che mi hanno trascinato in una delle classi di recitazione. Quello era un mondo molto lontano da me, ho fatto il provino per stare con i miei amici. Mi hanno preso e ho visto che mi piaceva. Ho continuato. Poi mi ero anche iscritto all’università, ad archeologia, avevo persino fatto qualche scavo. Ho trovato amici a teatro, c’era una docente della Silvio D’Amico che, vedendomi, mi ha detto che avevo talento. Sono andato, sono stato preso ed eccomi qua».

Il ruolo o la storia che le hanno dato di più?

«Non è facile rispondere, ho avuto, soprattutto nel cinema, la fortuna di essere chiamato da registi importanti per storie belle e intense. Poi anche il teatro, ma è bello perché leggi e ti cali nel profondo dei ruoli».

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