Iaia Forte nell'adattamento teatrale di “Mine vaganti” a Civitanova e Fano: «Faccio la madre e mi diverto»

Iaia Forte con Francesco Pannofino in una scena dell’adattamento teatrale di “Mine vaganti” FOTO ROMOLO EUCALITTO/UFFICIO STAMPA
Iaia Forte con Francesco Pannofino in una scena dell’adattamento teatrale di “Mine vaganti” FOTO ROMOLO EUCALITTO/UFFICIO STAMPA
di Elisabetta Marsigli
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Giovedì 28 Aprile 2022, 11:38

CIVITANOVA - Dal cinema al palcoscenico, Ferzan Ozpetek firma la sua prima regia teatrale mettendo in scena l’adattamento di uno dei suoi capolavori cinematografici “Mine vaganti”, in scena stasera al Teatro Rossini di Civitanova e da domani a domenica (venerdì e sabato ore 21, domenica ore 17) al Teatro della Fortuna di Fano. Un cast d’eccezione che vede tra gli altri, accanto a Francesco Pannofino, Iaia Forte, attrice capace di dare profonda intensità alle grandi donne del teatro e del cinema, questa volta impegnata in una commedia.
Uno spettacolo sull’inclusione, sulla possibilità di scegliere il proprio percorso nella vita?

 
«Al di là del tema sull’omosessualità, infatti, c’è anche quello sulla tutela della diversità e unicità di ognuno. È una commedia che funziona molto bene: la forza di questo spettacolo è proprio la struttura che ricorda molto quella eduardiana. Si ride, ma ci sono zone di emozione e riflessione molto forti su come sia importante non opporsi ad ogni forma di unicità e affermazione della propria identità».


Ozpetek ha spostato l’ambientazione, dal Salento alla provincia campana, ma non è solo un problema del Sud?
«Ha pensato che l’ambientazione in paese del Sud giustificasse di più una forma di difficoltà ad accettare queste cose, ma non è un problema solo del Sud, è un problema in assoluto».
Ancora oggi scegliere l’arte è spesso quasi come dichiararsi omosessuale? 
«Infatti uno dei due figli alla fine non dichiarerà al genitore di essere omosessuale, ma di non voler seguire le orme paterne per fare lo scrittore. Anche quella è una forma di emancipazione dall’idea che il genitore ha sul futuro del proprio figlio». 
Da Medea a una mamma decisamente diversa, come è stato il rapporto con questo personaggio? 
«Non ho fatto a teatro tante commedie, quindi ho la possibilità di giocare in una dimensione diversa e mi piace moltissimo. Il pubblico risponde benissimo, c’è una bellissima compagnia e insieme giochiamo lo stesso “gioco”. Non solo abbiamo sold out, ma anche standing ovation e dopo il covid anche ritrovarsi in undici a lavorare è una soddisfazione enorme».
Tra cinema e teatro, ci sono personaggi a cui ha donato interpretazioni di grande intensità, è rimasta particolarmente legata a qualcuno di questi? 
«Mi ritengo fortunatissima perché ho lavorato con tutti quelli con cui avrei voluto lavorare idealmente. Quindi, più che il legame con gli spettacoli, considero una fortuna avere avuto un legame con questi grandi registi, perché ora è più difficile fare incontri così importanti. È stata una formazione non soltanto dell’essere attrice, ma mi hanno regalato uno sguardo sul mondo».
Esperienze non solo legate al lavoro?
«Bellissime relazioni vitali, una grande occasione esistenziale conoscere maestri così potenti e speciali. Il mio legame è proprio con queste esperienze, anche perché penso che il teatro sia un’arte di trasmissione. Da Martone a Servillo Ronconi, Emma Dante, Cecchi, Tiezzi: sono dei lumi, una cosmogonia che mi ha permesso di essere quella che sono, ognuno di loro mi ha regalato esperienze teatrali, cinematografiche ed esistenziali».
E cosa c’è nel suo futuro ora, cinema o teatro?
«Io mi ritengo principalmente un’attrice di teatro che fa cinema.

Nella prossima stagione riprenderemo Mine vaganti, mentre questa estate riprendo lo spettacolo con Javier Girotto “Interno familiare”, da un racconto di Anna Maria Ortese, Il mare non bagna Napoli».

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