Iaia Forte diretta da Mario Martone
al Teatro della Fortuna con Carmen

Iaia Forte diretta da Mario Martone al Teatro della Fortuna con Carmen
di Lucilla Niccolini
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Giovedì 30 Aprile 2015, 20:11 - Ultimo aggiornamento: 2 Maggio, 19:31
FANO - Per una volta la bella zingara seduttrice Carmen non ha una bruna chioma né occhi di ossidiana.



La Carmen che va in scena al teatro della Fortuna di Fano sabato 2 maggio (ore 21 - prima alle 18 ci sarà un incontro con il pubblico nel foyer del teatro) e domenica (ore 17) ha i capelli biondo naturale e le iridi limpide e azzurre di Iaia Forte. L'ha scelta Mario Martone per la sua versione teatrale del testo che Enzo Moscato ha tratto dall'opera di Bizet e dalla novella di Mérimée.



Con la complicità di Sergio Tramonti per le scene, di Ursula Patzak per i costumi, e di Pasquale Mari per le luci (una triade vincente), il pluripremiato regista ambienta la vicenda nella sua Napoli. E affida musiche e adattamento della partitura di Bizet a Mario Tronco e Leandro Piccioni, ovvero a una squadra speciale: l'Orchestra di Piazza Vittorio, che suona in diretta, sul palcoscenico, dove Iaia Forte, accanto al Cosè di Roberto De Francesco (e con Ernesto Mahieux, Giovanni Ludeno, Anna Redi, Francesco Di Leva, Houcine Ataa, Raul Scebba, Viviana Cangiano, Kyung Mi Lee), dà vita a una Carmen diversa, ritagliata sull'umanità dell'attrice napoletana che, allieva della Centro Sperimentale di Cinematografia, ha esordito in teatro con la storica formazione partenopea Teatri Uniti.



“... che per me è stata un'esperienza fondamentale, così come Teatri Uniti è un gruppo fondamentale per il teatro italiano: Servillo, Martone...”.



E Iaia Forte!

Sorride, e le si accendono le fossette sul viso.

Fondamentale, il lavoro di gruppo, che pure è sottovalutato. E noi abbiamo lavorato davvero con grande affiatamento. Con loro ho debuttato, e con loro ho fatto tra le mie migliori cose.

Questa Carmen è napoletana come lei...

Le dirò: mi dà un po' fastidio essere etichettata come attrice napoletana, come se fosse riduttivo. Certo, per me essere nata a Napoli è un privilegio, come per chiunque fa il nostro lavoro: sono debitrice a Napoli, che ha una importante letteratura teatrale, una lingua... Napoli è un luogo in cui il teatro è forte. C'è una tradizione di cui ho beneficiato. Ma la napoletanità non dev'essere folklore. E io, poi, ho lavorato con tanti altri artisti, su tante altre tradizioni espressive....



Lei si sente femme fatale come Carmen?

Per niente! La cosa più interessante di questa messinscena è la rivendicazione di un'idea più complessa di seduzione, non legata alla bellezza e alla gioventù, ma al carattere e alla natura di questa donna anarchica che difende più di ogni altra cosa la sua libertà. È seduttrice, ma alla maniera dei maschi: lei sceglie e molla, non è né moglie né madre, non è sentimentale, tutte caratteristiche che sono perlopiù associate agli uomini.



E comunque ci si rivede, in Carmen?

Io sono più pudica e meno libera, ma mi piacerebbe essere come lei: Carmen mi sta insegnando a proteggere di più la mia libertà. E mi piace anche perché in questo spettacolo, finalmente, non muore!.



Cosa ha dato a Carmen del suo carattere?

Si dà sempre qualcosa ai propri personaggi, e la cosa più nutriente per un attore è fare grandi personaggi: per prendere di più di quanto si dia a loro. Carmen è un personaggio che rappresenta qualcosa di grande, e interpretarla, per me, è imparare a vivere. E, sì, anche a recitare....

E com'è lavorare con un'orchestra in scena?

Lavorare con la musica è bellissimo e liberatorio. Poi, questa orchestra è una grande formazione, in cui tutti sono bravissimi, ma anche multietnica, con provenienze da tutto il mondo: per me ha significato un vero arricchimento, anche umano. È sempre vivificante fare incontrare le arti. Ti rigenera.



Da quando vi siete conosciuti, tanti anni fa, Martone è cambiato?

Come il vino, col tempo è migliorato! A parte che è un grande regista, con lui ho sempre lavorato benissimo. Lo ringrazio di questo meraviglioso regalo, che mi ha fatto scegliendomi per la sua Carmen. Ho potuto verificare ancora una volta la sua capacità di creare relazioni anche sceniche con la musica, che gli deriva dalla lunga esperienza con l'opera lirica.



A quale dei suoi personaggi si sente più legata?

Forse a Molly Bloom, nel Joyce che ho fatto con Carlo Cecchi... ma non saprei fare una classifica. Mi sono innamorata di tutti... e anche, anzi soprattutto, di Carmen. La amo e ho voluto salvarla dal cliché della cattivona fatale, evidenziandone fragilità, paure di donna che si innamora, e pure continua a difendere la sua libertà. L'amo anche per gli aspetti più inediti che mi è piaciuto attribuirle....



Quindi le ha dato molto...

Amandola, ho cercato di comprenderne le ragioni più profonde e di non giudicarla: con i personaggi negativi bisogna lavorare sui contrasti, evidenziandone la complessità, renderli più reali e meno figurine.
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