Sgarbi (ospite alla Milanesiana), anticipa i suoi progetti per la nostra regione: «Nelle Marche un nuovo Ducato»

Sgarbi, che sarà ospite alla Milanesiana, anticipa i suoi progetti per la nostra regione: «Nelle Marche un nuovo ducato»
Sgarbi, che sarà ospite alla Milanesiana, anticipa i suoi progetti per la nostra regione: «Nelle Marche un nuovo ducato»
di Lucilla Niccolini
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Mercoledì 28 Giugno 2023, 07:05 - Ultimo aggiornamento: 13:38

ANCONA - Protagonista sempre, Vittorio Sgarbi non fa mancare la sua voce alla Milanesiana. E quando la manifestazione, ideata e organizzata dalla sorella Elisabetta, tocca Ascoli Piceno, lui torna volentieri nelle Marche. Presenterà, domani sera alle 21, al Teatro Ventidio Basso, il suo ultimo libro, edito da La nave di Teseo, “Scoperte e rivelazioni. Caccia al tesoro dell’arte”.


Vittorio Sgarbi, che “scoperte e rivelazioni”? 
«Quelle che ho fatto, in questi anni, di autori misconosciuti, che io chiamo “invisibili”. Parlo di artisti come Paolo Piazza, pittore del tardo ‘500, originario di Castelfranco Veneto. Ma poi anche opere sconosciute di autori come Jacopo da Bassano o Antonio Canova, che ho scoperto nella mia annosa “caccia ai tesori”, in chiese minori e dimenticate, dentro palazzi nobiliari e in collezioni private. La mia conoscenza del patrimonio artistico mi induce a insospettirmi, davanti a opere non in evidenza, a incuriosirmi di circostanze e coincidenze».


Parla anche di opere di artisti marchigiani?
«O di artisti che, come Lorenzo Lotto, hanno avuto a che fare con le Marche. Mi sono imbattuto in un suo quadro a Lugano, in una collezione privata. Non è firmato, ma l’attribuzione, a mio parere, è indubbia. E poi ho trovato un dipinto di quel Paolo Piazza nientemeno che a Cupramontana. Le mie ricerche, a volta faticose, sono sempre entusiasmanti, mi riservano scoperte impensabili: si figuri che ho riconosciuto, alle pareti di palazzo Servanzi Collio di San Severino, tele dell’artista lucchese della fine del ‘700 Bernardino Nocchi». 
Ad Ascoli, inoltre, inaugurerà domani alla Pinacoteca civica, la mostra dedicata a Dyalma Stultus. 
«Un pittore triestino, nato nel 1901, di cui tanti anni fa avevo acquistato opere appartenenti agli esordi. Alcune risalivano al 1918, quand’era poco più che adolescente, perché mi era sembrato un pittore molto interessante. Poi, sono stato chiamato a inaugurare, nel dicembre scorso, una mostra di sue opere, che la famiglia ha donato al Museo Revoltella di Trieste. Infine, le sue tre figlie hanno ritenuto di regalare quattordici dipinti inediti del padre alla Fondazione Cavallini Sgarbi. Una donazione, di cui vado orgoglioso, che ho ritenuto di condividere con Ascoli Piceno. Ed ecco l’origine di questa mostra».
In cosa consiste, a suo parere, il fascino di Stultus? 
«Rappresenta appieno la civiltà triestina del primo ‘900, con un occhio che trasfigura la realtà, fino a farne un magico sogno. I suoi famigliari, nei ritratti che ne fa, sono circonfusi di un’aura onirica e incantata. Ecco, definirei “realismo magico” la sua caratteristica, difficilmente riscontrabile nei pittori coevi».
Alla Milanesiana di Elisabetta, lei si sente un ospite o, per una volta, un comprimario?
«Un ospite, un critico d’arte, tra scienziati e scrittori, della manifestazione, che quest’anno tocca ben 25 città. E poiché il tema del 2023 è “Ritorni”, quale ritorno più dolce del mio nelle Marche?».
Da sottosegretario alla Cultura, che problemi in questa regione?
«Ora che abbiamo sdoppiato, con Fermo e Ascoli, la Soprintendenza ai Beni culturali, mi pare che sia meglio governabile, anche grazie alla competenza della soprintendente Carlorosi, con la quale intendo creare una sorta di “area vasta” culturale, da Urbino a Fossombrone. Un nuovo ducato». 
E per Ancona, che ha cambiato governo, che progetti ha?
«Ho già condiviso col sindaco Silvetti la mia idea di una mostra, l’anno prossimo, sul Rinascimento Adriatico.

Perché Ancona è stata epicentro, nel Cinquecento, di migrazioni di artisti, via mare, e di importanti contaminazioni da Venezia alla Puglia».

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