Andrea Pennacchi in “Arlecchino?” da giovedì al Teatro delle Muse di Ancona

Andrea Pennacchi in “Arlecchino?” da giovedì al Teatro delle Muse di Ancona
Andrea Pennacchi in “Arlecchino?” da giovedì al Teatro delle Muse di Ancona
di Lucilla Niccolini
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Domenica 31 Marzo 2024, 03:20 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 21:49

«Piacere, sono Arlecchino». Davvero? Nonostante il vestito a pezze multicolori, il pubblico stenta a riconoscere la maschera bergamasca nel nuovo spettacolo di Marco Baliani. S’intitola “Arlecchino?”, in scena alle Muse di Ancona, da giovedì prossimo al 7 aprile.

Lo stupore

Il titolo è appunto la domanda incredula che susciterà nel pubblico questa versione della commedia goldoniana “Arlecchino servitore di due padroni”. Lo stupore nasce anche dal fatto che, a interpretare il protagonista, Baliani ha scelto Andrea Pennacchi, proteiforme interprete di graffianti monologhi satirici. «Designando me, Marco ha assecondato la sua idea originaria – commenta sogghignando l’attore veneto – di riportare il personaggio alle origini: una specie di cinghialetto imbranato, ben diverso dallo scugnizzo scattante e mobilissimo che ne fece Giorgio Strehler, nell’ormai leggendaria messinscena». Accanto e attorno a Pennacchi, una compagnia di giovani: Marco Artusi, Maria Celeste Carobene, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio Mazzucato, e Anna Tringali. Capaci, tutti, di seguire il regista in quello che lui definisce «un delirio, un guazzabuglio di intenzioni», ovvero la rivisitazione della commedia dell’arte, in modo tale da «strappare la tradizione al conformismo che cerca di sopraffarla», come disse Walter Benjamin.

L’attualità

Ed ecco che ci si ritrova, secondo il più tipico stile Baliani, nell’attualità. Lo spiega Andrea Pennacchi: «Dell'Arlecchino originario, Marco ha salvato quella caratteristica specifica e ineludibile: il demonietto, nascosto in ognuno di noi, che ci suggerisce, davanti a situazioni critiche, di ricorrere all’astuzia italica, che mette giocoforza da parte principi e ideali, scegliendo il compromesso per tirare avanti.

Una tattica ancora praticata, per non dire indispensabile. Ed ecco che le mille giravolte di questa scalcinata compagnia di giro, che rappresentiamo, assomigliano alle rivendicazioni e agli stratagemmi della nostra società. Siamo tutti, prima o poi, servitori di due padroni; eppure combattivi, anche quando non scorgiamo la luce in fondo al tunnel». L’attualizzazione non rinuncia ai costumi della tradizione goldoniana, ma alle battute dell'autore intreccia il lessico della contemporaneità; poi anche frammenti di cabaret, burlesque, avanspettacolo e dramma, con l’aiuto della musica, eseguita dal vivo da Giorgio Gobbo e Riccardo Nicolin.

L’improvvisazione

«Il regista ha lasciato molto spazio alla nostra improvvisazione, come da statuto della commedia dell'arte», fa notare Andrea Pennacchi, che continua: «Marco ha rielaborato il testo con tagli e adattamenti, poi su quel canovaccio ha lasciato che ognuno cercasse la propria via dentro il suo personaggio. E, da fuori, ha continuato a studiare il nostro itinerario, incuriosito, a volte abbacinato dai nostri contributi originali». Arlecchino, pur da “primus inter pares”, è l’eroe-antieroe del titolo, il perno dell'azione. Cosa ne ha fatto Pennacchi? «Un personaggio che si sente, ed è davvero, inadeguato a qualunque situazione, goffo nelle azioni, maldestro nelle relazioni. Da sempre, cerca di assomigliare all'idea che gli altri si sono fatti di lui. Poi, a poco a poco, si scopre una personalità, meno fiammeggiante, forse, di quella immaginata per lui da Goldoni. Diventa lunare, di una comicità sognante». Vuoi vedere che l'Arlecchino di Baliani, con la faccia di Andrea Pennacchi, assomiglia a Charlot?

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