L’attrice anconetana Lucia Mascino premiata per l’interpretazione di “Ghiaccio”: «Dedico il Flaiano a mio padre»

L’attrice anconetana Lucia Mascino premiata per l’interpretazione di “Ghiaccio”: «Dedico il Flaiano a mio padre»
L’attrice anconetana Lucia Mascino premiata per l’interpretazione di “Ghiaccio”: «Dedico il Flaiano a mio padre»
di Lucilla Niccolini
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Giovedì 13 Luglio 2023, 07:10 - Ultimo aggiornamento: 13:28

ANCONA - In auto per tornare all’Elba, a girare gli episodi dell’undicesima stagione dei “Delitti del BarLume”, Lucia Mascino risponde da Piombino, in attesa del traghetto.
Lucia, un grande traguardo, il premio Flaiano, per l’interpretazione di “Ghiaccio”. Emozione?
«Tanta. Soprattutto perché l’ho ritirato, domenica scorsa a Pescara, in coincidenza con l’anniversario della morte di mio padre Giancarlo».
A lui, in particolare, l’ha dedicato su Fb.
«Per la sua lezione di vita. Ha insegnato a noi fratelli a seguire una visione: a dare seguito alle nostre passioni, ad assumerci rischi e responsabilità, e a credere sempre in quello che facciamo, senza attribuire ad altri le colpe di eventuali fallimenti. Se c’è una cosa in cui credi, mi diceva, vai avanti, senza cercare scuse o pretesti».


Qual è la sua parte in “Ghiaccio”, dramma di Bryony Lavery, prodotto dallo Stabile di Torino?
«Filippo Dini mi ha scelta per interpretare Agnetha, una psichiatra che, studiando i profili degli assassini seriali, incontra Ralph, assieme a Nancy, madre della piccola Rhona, che l’uomo ha violentato e ucciso. È un dramma duro, incentrato sul tema dell’elaborazione del lutto e del perdono. Il mio personaggio è gelido e razionale, ma proprio all’inizio, da copione, ha una crisi di panico. Questa è stata la scena più difficile per me, in cui ho cercato di calarmi in tutti i modi possibili».
Evidentemente ha trovato l’interpretazione più convincente.
«Ne ho avuto la consapevolezza solo alla penultima delle 18 repliche che abbiamo fatto a Torino, quando è scattato l’applauso del pubblico a scena aperta. E dire che, quando Filippo Dini (con cui avevo lavorato in “Rosalind Franklin - il segreto della vita”) me l’ha proposto, sul finire del 2021, sono stata in dubbio se accettare. Mi avevano appena chiamato a interpretare un film da protagonista. Però, la professionalità di Dini e la forza del testo di “Ghiaccio”, con la sua densità psicologica ed emotiva, mi hanno persuaso a preferire questa sfida».
La scelta giusta, dal momento che le ha meritato un premio tanto prestigioso.
«E al di fuori dalle logiche di mercato. Tanto più caro a me, in quanto in giuria c’era Antonio Calenda, che mi ha comunicato la notizia. È stato il primo regista, con il quale ho lavorato 25 anni fa, in “La rappresentazione della passione di Cristo”, con Piera Degli Esposti nella parte di Maria, che poi sarebbe diventata mia amica e mentore. L’ho scritto anche su Fb, ricevendo moltissime congratulazioni, anche da colleghe, tra cui primedonne assolute, come Laura Marinoni e Manuela Kustermann».
Come ricorda la cerimonia di premiazione?
«Una bellissima serata, anche se sul palco sono andata in confusione: stavo andandomene senza ritirare il premio, la presentatrice ha dovuto rincorrermi. Una festa che, iniziata con toni seri, poi si è trasformata, con la complicità di Fiorello, in una baraonda comicissima. E dopo, una tavolata tra premiati, piena di gag e risate, con tanti amici. Si è sciolto anche Filippo Dini, un uomo gentile e compassato, all’antica, che non ha vinto per “Ghiaccio”, da lui diretto e interpretato, ma per “Il crogiuolo”».
Una puntata a Pescara, e ora di ritorno all’Elba: un’estate di fuoco.
«In mezzo, anche un bellissimo reading dalle “Fiabe italiane” di Calvino, a Roma, alla Casa del Jazz, con Stefano Fresi.

Con lui, ora, le riprese dei “Delitti del BarLume” fino a settembre, con una pausa ad agosto, di cui approfitterò per tornare a casa, nelle Marche, in giuria per il Premio San Ginesio. Magari riesco anche a fare un tuffo a Portonovo».

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