Lady Bocelli: «​Al bivio, sempre o mai
Io e Andrea siamo un cuore solo»

Lady Bocelli: « Al bivio, sempre o mai Io e Andrea siamo un cuore solo»
di Maria Cristina Benedetti
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Domenica 4 Giugno 2017, 12:53
ANCONA - «Occhi di fata». Per andare lontano, per sentire profondo. «Oh, begli occhi stranissimi», le cantava l’innamorato fin al primo istante, il preludio di una vita insieme. «Voi m’avete rubato la pace della prima gioventù» sentiva intonare da quell’amore che non ammette diniego: «sempre o mai», le diceva lui. Ai tratti netti, al non voler mascherare la sua esistenza, Veronica Berti era già abituata, prima ancora di aggiungere al suo cognome quello stranoto di Bocelli: la passione che a vent’anni fissa il perimetro.

«Nel giro d’una serata, una stretta di mano ha rivoluzionato la mia vita» ammette con l’emozione di allora. Lui è il famoso Andrea che contamina note - lirica e pop - e fa il giro del mondo. Lei - fede, amore e fantasia - dalle origini di Offagna arriva fino alle Nazioni Unite. E anche qui non sente ragioni, se non le sue. «Mi hanno chiamata per raccontarmi come una wonder woman e io ho risposto, ridimensionando gli entusiasmi, con il teorema dell’armonia». Era il 16 marzo, quando al Palazzo di Vetro, al motto di “Work-life (im)balance” si raccontava del filo sottile che separa pubblico e privato. Veronica era lì come manager di un marito che ha il carisma di un brand. Ma Occhi di fata non s’è fatta convincere. Nel luogo che fa sintesi del mondo, ha cambiato l’ordine dei fattori. «L’armonia è equilibrio, è la giusta relazione con quanto ci circonda, è il senso della proporzione che ci permette di percorrere la vita con la giusta leggerezza». Rafforza la sua convinzione: «La radice “ar” - la stessa di arte e di aritmetica - implica la forza di qualcosa che unisce». Ribalta l’ordine, tanto il risultato non cambia: «Ma no, non mi sento proprio una manager, preferisco definirmi un direttore d’orchestra». Le note sono Dna. E torna a rovesciare il concetto: «Tutto ciò che sottrae dignità o che esprime sopraffazione, va nella direzione opposta all’armonia». Siamo al punto di partenza, all’Onu come nella quotidianità di Forte dei Marmi. Da New York a Los Angeles - solo l’ultima di una lunga serie di tappe che si rincorrono - c’è tutto un universo. «Una famiglia allargata la mia, da sempre, fin dall’infanzia».

È l’assoluto che torna nell’esistenza di questa donna che mescola, con sapienza, flessibilità e determinazione. «Alla fine ho avuto quattro genitori e otto nonni», tiene il conto degli affetti spingendosi oltre i limiti delle convenzioni. E poi c’è la quotidianità in campagna - «orto in comune e amore per la lirica» - la strada maestra per questo equilibrio di gruppo. L’embrione del motto che le avrebbe trasmesso il suo “marito da subito”: «La vita è un banchetto uguale per tutti». Così l’idea fissa di Andrea - linfa e metafora di fede - diventa il credo di Veronica. Apparecchiare il mondo per loro ha il suono limpido della solidarietà: da Haiti alle Marche, passando per la Grecia, terminale della disperazione dei tanti profughi. Una musica che non ha spiegazioni, se non quella primordiale di essere. E basta.

«Mio padre - Veronica riavvolge il nastro - da fisico nucleare qual è alla fine delle superiori ha tentato di convincermi a seguire un percorso scientifico. Biologia». Ma dura poco, perché questa ragazza tutta capelli e pensieri in libertà non intende mimare il futuro. Fortuna che pianoforte e violino erano già nelle sue dita. «Proprio no» ribadisce con la stessa determinazione di allora. «Lettere, a Macerata». Segue l’istinto e cinque mesi dopo capovolge tutto. «A due giorni dal nostro incontro, Andrea s’è presentato fuori dall’università. E io, sposa dall’istante che ci siamo incontrati». «Sempre o mai» le ripeteva lui.


  Riprende il filo della sua esistenza di ventenne appena, Veronica: «Ho studiato in aereo, in macchina, in treno, in tutti gli alberghi del mondo, in molti continenti». Ancora Los Angeles, Phoenix e poi di nuovo Ancona. In un soffio, solo quaranta ore. «Trentaquattro le abbiamo trascorse in aereo: Andrea cantava, suo figlio più piccolo pure, stesso dono del padre». Si va e si torna, con quel direttore d’orchestra che ordina spartiti e giornate come se fossero un tutt’uno. Facile, dice lei: «Fin da piccola mi hanno educato a comprendere la necessità di rendersi utili». E Veronica che fa? Impara l’arte e la moltiplica per tutti i fattori del cuore. Si va, senza fatica: «Il 2 giugno eravamo a Roma accanto al presidente Sergio Mattarella, ai Fori Imperiali, per intonare l’inno d’Italia, poi di corsa a casa dove l’istituto professionale Osimo-Castelfidardo metteva in scena La Tosca, l’ultimo spettacolo firmato da mio padre che salutava così il suo nuovo corso di professore in pensione».

Soprattutto si torna, nelle Marche del cuore: «È la regione dove sono nata e cresciuta, la terra scelta da Andrea, testimonial della ripartenza dopo le ferite del terremoto». Guai a risparmiarsi a quel banchetto che dovrebbe essere uguale per tutti. «Presto annunceremo l’obiettivo di ricostruzione al quale destineremo i fondi che abbiamo già raccolto». E in questo punto esatto il plurale non è più una storia per due. È qui, che quell’irresistibile formato famiglia si allarga come il cuore fino a sfiorare i contorni dell’anima: le coordinate della Fondazione Andrea Bocelli ci sono tutte. «Siamo partiti cinque anni fa». La motivazione è lieve come un sorriso: «Restituire quell’affetto e quella vicinanza raccolti da Andrea in tutti questi anni, viaggiando da una parte all’altra del pianeta». Le convinzioni sono muri che cadono: «La solidarietà significa gioia da condividere: da soli si può fare tanto ma uniti si può molto di più». Naturale come un respiro: dalla collaborazione con il Massachussets Institute of Technology al programma Break the barriers, per mettere all’angolo le povertà, alle emergenze di Grecia e Haiti, ai graffi profondi delle Marche. Si può e si deve. Parola di vice presidente. «Altrimenti – fa suo lo slogan - la festa, quella di tutti, fallisce».

Occhi di fata mette in attesa la conversazione. «Sì, la locandina è ok, ritoccherei il carattere. Magari un po’ più evidente». È sempre lei, Veronica moglie da subito, meglio direttore d’orchestra che wonder woman, che sistema gli accordi di questa favola. «Abbiamo deciso di acquistare lo stabilimento balneare di fronte a casa e di aprire due ristoranti». Ennesimi tasselli d’un mosaico, con i figli Virginia, Amos e Matteo al centro della scena. Lì, a un passo dal mare, sembra proprio un amore. E lo è.
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