Da Pesaro agli Usa: Stefania Santoro, la manager di 25 anni che trova lavoro agli infermieri con un'app

Da Pesaro agli Usa: Stefania Santoro, la manager di 25 anni che trova lavoro agli infermieri con un'app
Da Pesaro agli Usa: Stefania Santoro, la manager di 25 anni che trova lavoro agli infermieri con un'app
di Gianluca Murgia
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 11 Gennaio 2023, 03:55

PESARO-  Mentre in Italia, a 25 anni, c’è chi annaspa tra contratti precari, stage camuffati, impieghi mal retribuiti, lavoro nero o disoccupazione, negli States c’è una ragazza pesarese che alla stessa età ricopre già un ruolo di comando in un settore da sempre delicato: la ricerca di personale nella sanità. «Oggi sono care coordinator, coordinatore di cura, per la Trusted Health» racconta Stefania Santoro, con un italiano dalla cadenza ormai fortemente americanizzata nonostante la giovane età. 

«Sono manager per l’infermieristica: seguo gli “infermieri da viaggio”, specializzati, che si spostano per lavorare nei vari ospedali privati degli Usa. In Italia non esiste una figura simile» fa notare. Nessun trucco, nessuna spintarella, scorciatoia o conoscenza: solo idee chiare, voglia di imporsi e, dall’altra parte, un mondo che evidentemente guarda la competenza mettendo in secondo piano età, genere o nazionalità. 

La postazione? Tutto il mondo

«Lavoro in smart-working e posso farlo da tutto il mondo - rimarca facendo sembrare vecchio di 100 anni buona parte del mondo del lavoro italiano -.

Negli Usa è ormai una tipologia lavorativa consolidata, in Italia la passano invece per privilegio. Ecco, quando penso all’Italia questa è una delle arretratezze lampanti che vedo. Per la mia azienda l’importante è l’obiettivo. E poi se il vertice aziendale, che si trova in California, vuole controllarti vede subito quanto produci e quando sei online nella nostra piattaforma. In questi giorni, per esempio, io sto lavorando da Pesaro dove vive la mia famiglia. Basta solo adattarsi agli orari: qui inizio alle 14 e finisco alle 22. Ho anche lavorato, per un anno, dal Giappone dove mi ero trasferita per seguire mio marito che è un militare. Tutta la compagnia lavora da casa: parliamo di 300 persone. Io sono l’unica italiana ma ci sono tanti altri stranieri». Stefania vive a Jacksonville, in Nord Carolina, sulla costa est: la città americana con l’età media dei residenti più bassa, anche per la presenza della base Camp Lejeune e area dei Marines. 

La burocrazia italiana

«Io sono il trait d’union tra gli infermieri specializzati e le strutture sanitarie di tutti gli Stati Uniti: per loro curo la posizione che cercano, il contratto, i giorni liberi, l’assicurazione… Abbiamo una piattaforma e su quella lavoriamo stilando un calendario. Gli infermieri, in base alla loro specializzazione, dialogano con noi tramite un’app che si scarica sullo smartphone dove caricano il loro curriculum, le esperienze, le certificazioni che hanno conseguito, gli stati in cui sono disposti a trasferirsi… Un’altra cosa che non mi manca dell’Italia è la burocrazia che rallenta e complica tutto». Il suo team vede le caratteristiche del candidato, le compara con le necessità dell’ospedale per far incrociare le richieste, molto specifiche, con il profilo migliore. 

Al telefono ogni 3 settimane

«Poi seguiamo la contrattazione tra ospedali o cliniche e infermieri. Lavoriamo in tutti gli stati degli Usa, Canada e in Messico. Solo ogni 2-3 settimane rispondiamo alle chiamate telefoniche. A noi si rivolgono migliaia di infermieri. Ogni lunedì abbiamo 300-400 richieste. Da poco ci stiamo allargando a tecnici di respirazione e sala operatoria» spiega ancora Stefani che, negli Usa, ci vive da 6 anni. «Sono partita appena finito il liceo scientifico Marconi con ramo linguistico - racconta -. Avevo studiato inglese e il quarto anno l’avevo fatto interamente negli Usa per poi tornare in Italia per il quinto anno». Nativa di Rho, trasferitasi a Pesaro con la famiglia all’età di 2 anni, a 19 anni ha avuto la forza e la volontà di lasciare subito l’Italia. «Negli Usa non ho fatto l’università ma ho conseguito due certificazioni mirate nel giro di un anno: tecnico farmaceutico e assistente medico. Inizialmente, per due anni e mezzo, ho lavorato in un centro per la donazione del plasma. Poi sono diventata team leader del gruppo, mi sono trasferita in Giappone per seguire mio marito, americano, militare». Non tornava in Italia da 6 anni. «Posso dire che mi manca un po’ il modo di fare amichevole degli italiani ma fossi rimasta qui che prospettive avrei avuto? Mi sarebbe piaciuto lavorare in questo stesso settore ma con tutte le difficoltà che ci sono in Italia sarebbe stato molto difficile. Il mio obiettivo, però, era quello di tornare negli Usa: mai avuto dubbi». E ha avuto ragione. «Dopo un primo contratto a termine oro ho un contratto a tempo indeterminato a tempo pieno. Con la mia posizione si guadagnano 50mila dollari all’anno». Che in Italia, a 25 anni, in euro sono mediamente un miraggio. Ma il fatto che sia donna, italiana e già leader ha creato problemi? «Mai. Non sono mai stata discriminata né perché sono donna né perché giovane né perché straniera. Anzi, appena arrivata il mio accento italiano destava molta curiosità. Ma è una cosa comune: ci sono molti giovani, anche più di me, stranieri, che nel mio gruppo ricoprono già ruoli importanti».

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