Processo Carriera, il leader di IoApro si difende dall'accusa di simulazione di reato: «La minaccia a mio figlio c'era»

Processo Carriera, il leader di IoApro si difende dall'accusa di simulazione di reato: «La minaccia a mio figlio c'era». Nella foto d'archivio Carriera con Sgarbi
Processo Carriera, il leader di IoApro si difende dall'accusa di simulazione di reato: «La minaccia a mio figlio c'era». Nella foto d'archivio Carriera con Sgarbi
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Mercoledì 5 Aprile 2023, 03:45 - Ultimo aggiornamento: 12:34
PESARO La telefonata per sincerarsi dove fosse il figlio. E’ quanto raccontato dal ristoratore Umberto Carriera nel processo che lo vede imputato per simulazione di reato. Il caso riguarda la frase che aveva rilanciato sui propri canali social. «Se domani apri ti facciamo male. Sappiamo dove va all’asilo tuo figlio». Era gennaio 2021 e il ristoratore portava avanti la sua battaglia di lasciare aperti i ristoranti nonostante il governo avesse imposto le chiusure per contenere il contagio da coronavirus.  


L’accusa


Per l’accusa quelle minacce sarebbero inventate perché partite dall’account de “La Macelleria”, uno dei suoi ristoranti. Il tecnico della cybersecurity aveva già spiegato che l’account del ristorante è stato cambiato in Il Macellaio Matto Ps. E che la cosa può essere fatta da chi ha accesso al profilo originale. Ma soprattutto che l’Internet Ip, ovvero una sorta di dna per l’on line, era lo stesso. Ed era quello associato al telefono di Carriera o comunque in un luogo dove era Carriera. Ieri mattina è stato ascoltato Carriera, difeso dall’avvocato Federico Bertuccioli. Il legale sottolinea: «Quando ha ricevuto il messaggio era assieme al socio e al pizzaiolo e ha chiamato l’ex compagna per sincerarsi delle condizioni del figlio. L’emozione è stata forte, un episodio che lo ha segnato». La difesa ha sempre sottolineato che in quel frangente erano stati creati altri profili fake.

Il 24 ottobre la sentenza. 


L’altro filone


Intanto i sindacati di Polizia Siulp, Sfp e Silp Cgil intervengono in risposta a un post di Carriera rispetto al processo che lo vede accusato di diffamazione contro il dirigente della squadra Mobile Paolo Badioli e diffusione di un video o audio carpito in maniera fraudolenta del momento in cui i poliziotti entravano nel ristorante di Carriera per notificare la chiusura visto che era rimasto aperto nel momento del lockdown. Video che ha innescato commenti, minacce e insulti nei confronti di Badioli. Carriera si chiede perché i sindacati chiedano 84 mila euro di risarcimento. La risposta di Lanzini, Martini e Frega non tarda. «Abbiamo deciso di costituirci parte civile nel processo per tutelare l’onorabilità e il rispetto dell’operato di tutti gli uomini che hanno partecipato all’attività e che, in conseguenza del messaggio lanciato sui social, sono stati oggetto di insulti, tacciati di scarsa professionalità, se non anche ritenuti responsabili di un abuso. “…Un’arroganza incredibile, nessuno si è identificato. Denuncerò ciascuno di loro….”. Ogniqualvolta vi è un’udienza del processo che lo riguarda, anziché continuare ad aizzare gli animi professandosi vittima di una cospirazione, come nel caso del post pubblicato su Facebook oggi pomeriggio, Carriera farebbe bene a riflettere sul suo operato e a non alimentare un sentimento di prevaricazione da parte degli operatori di polizia. Spieghi anche che non c’è stata nessuna arroganza e che non è vero che nessuno si è identificato».

 

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